I miei pensieri sparsi a margine di una bellissima giornata di lavoro in assemblea nazionale di Uncem a confronto con esperti ed appassionati di aree montane, interne e rurali.
“I nostri borghi montani nascono con scopi difensivi. Hanno torri e castelli, mura e porte, in alcuni casi anche ponti levatoi. Sono stati pensati e costruiti in un tempo in cui essere isolati e poco raggiungibili poteva rappresentare un vantaggio.
Oggi è il contrario. Dobbiamo valorizzare quello che abbiamo (perchè guai a rinunciare alla nostra identità), ma senza commettere l’errore di considerarci riserva indiana o piccolo mondo antico da custodire e basta. Dobbiamo valorizzarci praticando aperture e innovazioni, raccogliendo le sfide del nostro tempo.
A Biccari stiamo provando a fare questo: creare opportunità per i residenti attraverso la strategia dell’accoglienza e dell’ospitalità. Perché la storia la cambiano le persone, non le opere, neanche quelle faraoniche del PNRR. L’arrivo di giovani e famiglie argentine che lavorano nel nostro paese in smart working con le loro aziende di Rosario mentre i loro bambini frequentano la nostra scuola; gli stranieri che comprano casa a Biccari arrivando da tutto il mondo; il bosco che diventa destinazione turistica e luogo di esperienze. E poi la Cooperativa di Comunità, la Comunità Energetica… tutte “cose” che fanno bene all’economia locale, ma anche al morale delle persone. Perché bisogna incentivare una restanza attiva, da protagonisti del proprio territorio, non da sconfitti della storia.
Proprio la transizione energetica ci offre una grande opportunità. Per la prima volta le direttrici di sviluppo si muovono non solo in direzione delle città metropolitane. Anzi, il “mondo esterno” ci cerca e si muove verso noi, verso le aree interne. Pensateci. Sostenibilità ambientale, filiere corte, fonti rinnovabili, centralità delle comunità locali, sono tutte risorse che possiamo offrire noi!
Allora, se Biccari diventa, da luogo di partenza e di emigrazione, luogo di passaggio e di arrivo, tutte le aree interne e marginali, se opportunamente abilitate, se considerate parte della soluzione e non del problema, possono diventare luogo di ricerca, di sperimentazione, di elaborazione di nuovi modelli, di risposte, di futuro e, dunque, di vita.
Che poi è quello che ci interessa. Perchè il primo passo per combattere lo spopolamento è abbassare tutti i ponti levatoi, materiali e (soprattutto) immateriali”.