“Piccolo (e fuori dal) Comune” è lo studio presentato qualche giorno fa da Legambiente in collaborazione con Unioncamere e Symbola. “Cosa sta cambiando nell’Italia dei Piccoli Comuni?”, si sono chiesti gli autori Sandro Polci e Roberto Gambassi.
La risposta è desolante. Sono almeno 2.430 i paesini che soffrono di un forte disagio demografico ed economico e, praticamente, a rischio spopolamento. E le case vuote e disabitate sono addirittura 2 milioni.
Lo studio, tuttavia, ha anche il merito di proporre anche possibili soluzioni e neanche lontanamente di suggerire fusioni, accorpamenti ed altre amenità del genere. “Nonostante il quadro complessivo poco rassicurante – si legge – i Piccoli Comuni rimangono luoghi di grandi opportunità e innovazioni che hanno bisogno però di interventi mirati e strategie di lungo termine”.
Partendo dal presupposto che l’armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza che rappresenta una peculiarità italiana ed una garanzia del nostro sistema sociale e culturale (l’Italia è il Paese dei Paesi, per dirla con il prof. Pazzagli), lo Studio prova a tracciare alcune possibili vie di uscita per i Piccoli Comuni: la qualità, l’ospitalità, la nuova cittadinanza rurale, la conversione del patrimonio immobiliare inutilizzato, la sviluppo di una rete di vere e proprie opere immateriali come le filiere eno-agro-alimentari, il turismo verde, l’identità – cultura, le aree naturali, le vie ed i sentieri e via così.
Ma bisogna fare presto. Moltissimi Piccoli Comuni hanno superato le soglie minime di non ritorno, ovvero il punto in cui è impossibile, con risorse ed energie soltanto proprie, recuperare gli abitanti persi.
Perciò la Politica (Governo, Regioni e Partiti) è ad un bivio: a meno che non abbia già deciso di sferrare il colpo di grazia (grazie al Lodolini di turno), o assume la situazione dei Piccoli Comuni e delle aree montane e rurali come una delle vere grandi emergenze del Paese, oppure sarà complice della desertificazione di vaste aree dell’Italia e di uno dei più grandi disastri, anche in termini economici, della storia repubblicana.
Nel frattempo chiunque abbia a cuore le sorti della cosiddetta Italia Minore non deve fermarsi. Perché di fronte al bivio ci siamo tutti. Amministratori locali, associazioni, comitati e cittadini hanno, per primi, il dovere di difendere le loro Comunità ed i loro Municipi, di tallonare la Politica e di scuotere l’opinione pubblica.
Chi si gira dall’altra parte ha già emesso la sua sentenza.