Mentre Roma ha solo apparentemente allentato la presa con il tradizionale rinvio dell’obbligo delle gestioni associate inserito nel Milleproroghe, molte Regioni spingono sull’ acceleratore con provvedimenti diversi ma accomunati dall’obiettivo finale di eliminare i Piccoli Comuni.
Dopo la Toscana del Presidente PD Rossi – intenzionato a ridurre il numero di Comuni nella sua regione dagli attuali 279 ai 50 individuati a tavolino dalla sua Giunta, (http://www.ilfossodihelm.com/dalla-toscana-la-soluzione-finale-contro-i-piccoli-comuni/) – è il caso, per comprendere appieno quello che sta succedendo nel Belpaese, di dare uno sguardo a cosa stanno combinando in Friuli Venezia Giulia, la Regione retta dal Vice Presidente nazionale del Partito Democratico Debora Serracchiani.
Qui, per usare le parole del blogger Marco Barone, “Nel nome della più alta democrazia, la Giunta del FVG ha individuato la delimitazione geografica delle Unioni territoriali intercomunali (UTI) che saranno 18. I nomi che avranno le UTI sono state decise dall’alto, la individuazione dei Comuni che ne faranno parte è stata decisa dall’alto, i Comuni che non aderiranno perderanno il 30% di trasferimenti di risorse, e le UTI svolgeranno le più importanti funzioni facenti capo ai Comuni che vedranno nel Sindaco una sorta di podestà del terzo millennio poiché il consiglio comunale avrà potere deliberativo ma nella maggior parte dei casi non vincolante, le opposizioni non conteranno un fico secco, ed i Comuni perderanno la loro autonomia e democrazia e per avere maggior peso all’interno delle UTI dovranno probabilmente fondersi in grandi comuni, perché il piccolo è brutto e nuoce al decisionismo antidemocratico centrale”.
La Regione FVG, infatti, sta ridisegnando la geografia amministrativa del proprio territorio istituendo 17 UTI (una sorta di ambiti sovra-comunali che, salvo poche eccezioni, ricalcano i distretti socio-sanitari) all’interno dei quali far confluire i Piccoli Comuni per raggiungere un minimo di 30 mila abitanti in montagna e di 40 mila in pianura.
A sentire la Serracchiani ed i suoi assessori questa sarebbe “l’unica strada da percorrere per affrontare le sfide attuali” e (sic) per “aiutare soprattutto i Comuni più piccoli, oggi di certo in difficoltà, affinché possano lavorare assieme agli enti locali più strutturati e si possano offrire ai cittadini, attraverso le Uti, risposte più efficaci, più efficienti ed economiche”.
Di ben altro avviso molti Sindaci dei territori interessati che parlano di Comuni destinati a diventare periferie di se stessi e di scarsissimi margini di autonomia dal momento che su di essi pende il ricatto del taglio dei trasferimenti e del mancato accesso agli incentivi previsti dalla riforma.
Lo schema, insomma, è da nord a sud sempre lo stesso: condizionare i processi democratici di fusione con una serie di premi e bonus che mettono i territori (già di per sé marginali e poveri) di fronte alla scelta tra l’autonomia povera e la fusione incentivata.
Ecco perché, per tornare alle parole di Marco Barone, anche nel Friuli il 2016 sarà “l’anno delle battaglie per difendere i piccoli Comuni”. E, senza esagerare, la democrazia.