Un’incomprensibile entusiasmo ha accolto, da queste parti, la scelta regionale di indicare i Monti Dauni quale unica Area Interna della Regione Puglia. Va bene che di questi tempi bisogna esultare anche per le cose scontate perché quando c’è da spartirsi la fatidica “camicia di Cristo” non si sa mai. Ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Se non altro per quella dignità istituzionale e territoriale che da tempo pretendiamo.
Con delibera n. 870 del 29 aprile 2015, comunque, una delle ultime giunte dell’era Vendola ha individuato in questa prima fase di attuazione della Strategia Nazionale Aree Interne, i Monti Dauni quale area pilota della Regione Puglia. E poco importa se i più maliziosi o perfezionisti non hanno mancato di sottolineare quel “in questa prima fase” che sa tanto di provvisorio. Per il momento è così poi (con Emiliano) si vedrà.
Almeno per ora, dunque, i Monti Dauni non sono stati beffati dagli altri territori pugliesi: saranno l’unica “Area Interna” della Regione Puglia.
Questo significa che, attraverso l’utilizzo congiunto di fondi ordinari (ancora da individuare) e di fondi comunitari, nei Monti Dauni nella prossima programmazione saranno sperimentate politiche finalizzate a contrastare la caduta demografica e a rilanciare lo sviluppo ed i servizi.
Un’importante opportunità, certo. Ma nessun regalo. Lo dimostra, del resto, la stessa analisi richiamata nelle premesse del deliberato dalla Giunta regionale. Il quadro tracciato da chi ha governato la Puglia per dieci anni è al tempo stesso veritiero e desolante.
Punte del 25% di spopolamento, invecchiamento e squilibri nella composizione sociale, abbandono dell’attività agricola, forte esposizione al rischio di frane, mancanza di collegamenti interni ed inefficienza ed inefficacia del trasporto pubblico locale, non sono medaglie da mettersi al petto, né calamità naturali capitateci per il fato avverso. Ma il segno, inequivocabile, di tanti fallimenti. Di cui qualcuno, prima o poi, dovrebbe pur dar conto.