Dopo l’anno dei Borghi (2017) e dell’importante progetto del Viaggio Italiano, il 2018 – per volere del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo – sarà l’anno del Cibo (a proposito, date un’occhiata al progetto di Borghi Autentici d’Italia sulle Comunità del Cibo su www.borghiautenticiditalia.it) ed il 2019 l’anno del Turismo Lento.
Borghi, Cibo e Turismo Lento. A ben vedere, in un modo o nell’altro, al centro delle politiche ministeriali di valorizzazione turistica ci siamo sempre noi: i piccoli comuni, i borghi, i paesi rurali. Ovvero, la parte più autentica di quell’Italia “piccola” e poco conosciuta, dove è ancora possibile andare piano, mangiare le cose buone, riappropriarsi del tempo e delle relazioni umane.
Se a tutto questo, si aggiunge l’avvio della Strategia Nazionale delle Aree Interne e la recente approvazione della Legge sui Piccoli Comuni (Realacci – Terzoni) è evidente che siamo nel mezzo di un passaggio di straordinaria importanza.
Non che i problemi dei Piccoli Comuni siano improvvisamente spariti, questo no. Ma, pur con le dovute cautele, non può essere negato come anni di impegno diffuso, di battaglie e di resilienza stiano portando i primi significativi risultati, anche sul piano politico.
Siamo passati da Fassino, che da presidente dell’ANCI, sognava un’Italia con soltanto 2.500 Comuni con l’accorpamento di tutti quelli con popolazione inferiore a 15.000, al suo successore Decaro che, ancora l’altro giorno, ha ribadito che “La legge sui piccoli Comuni non può rappresentare il traguardo finale. Per noi è l’inizio di un percorso, perché serve di più” perché “Lo spopolamento non è una sorte ineluttabile, se ciascuno di noi fa la propria parte, lavorando a una concreta agenda del controesodo”.
Oppure dai Disegni di Legge dei Lodolini di turno (“non può esistere un comune con meno di 5.000 abitanti“), all’approvazione pressoché unanime della Legge Realacci “Per un’idea di Italia orgogliosa, che non costruisce muri e che guarda al futuro puntando sull’identità, sullo sviluppo sostenibile, sulla coesione”.
Fino alle recenti dichiarazioni di Mattarella (https://melascrivo.it/da-mattarella-parole-importanti-per-sindaci-e-comuni-ma) e alle ultimissime parole del Capo del Governo Gentiloni che ha riconosciuto che i Piccoli Comuni “sono il sistema nervoso su cui si basa l’Italia e solo investendo su questo sistema l’Italia può essere all’altezza della sua tradizione e reggere la competizione nel mondo. Dobbiamo essere consapevoli che se lavoriamo bene, se questa legge ci apre davvero una strada sulla quale possiamo progredire, di questa straordinaria realtà delle ‘mille patrie’, come la definì Carlo Levi, possiamo fare una ricchezza”.
Ed allora che facciamo? Ci fidiamo ed attendiamo tranquilli che ci risolvano tutti i problemi?
Nel dubbio, direi di no.
Chi vuole sostenere la causa dei Piccoli Comuni deve partire da questi piccoli ma significativi riconoscimenti per aumentare il grado di attenzione sul tema ed elevare la qualità delle proprie proposte (non solo delle proprie, spesso legittime, proteste).
E’ il momento di far vedere ancora di più cosa possono fare e cosa possono rappresentare i Borghi per l’Italia. Non solo paesi – cartolina da visitare nelle gite fuori porta della domenica, ma laboratori di buona politica e buone prassi. Non solo piccoli tesori da custodire, ma centri di innovazione e sperimentazione. Non solo memoria di un passato glorioso, ma avanguardia di un futuro altrettanto importante.
Si potrebbe iniziare da subito. Magari partendo dalle prossime elezioni politiche dove – giusto per essere conseguenti con certe belle dichiarazioni – i politici potrebbero prendere impegni precisi per i Piccoli Comuni nei programmi elettorali e, perché no?, nelle liste.