Mentre il Centro Italia è in guerra contro terremoti, neve e burocrazia, mentre tragedie e miracoli si alternano, ripenso al fatto che esattamente un anno fa, con Sergio Pirozzi e tanti altri amici che in questo momento combattono a mani nude per la loro Terra, stavamo costruendo, giorno dopo giorno, la grande manifestazione di Volterra.
Con le nostre fasce tricolori ci ritrovammo a centinaia, giungendo da ogni parte d’Italia, per la Giornata dell’Orgoglio Comune. Per ribadire il valore dell’autonomia comunale, il ruolo dei Piccoli Comuni e la necessità di archiviare politiche dirigiste e centraliste che ne mettevano e ne mettono in discussione la stessa sopravvivenza.
Non potevamo neanche immaginare che, soltanto qualche mese dopo, tanti Piccoli Comuni sarebbero finiti sotto le luci dei riflettori solo perché vittime di una tragedia senza fine e simbolo di un’Italia bella e fragile.
Oggi, i problemi di un anno fa, pur essendo ancora attuali, sembrano niente a confronto dei morti, del dolore, della distruzione che è sotto i nostri occhi. Eppure c’è una connessione tra tutto questo. Tra l’abbandono, i tagli e l’arroganza di ieri ed i ritardi, l’impreparazione e le promesse di oggi.
Il fatto è che le Istituzioni centrali e la Politica professionistica non considerano minimamente i Piccoli Comuni, le zone rurali e le aree montane. Giocoforza, si fiondano sul pezzo quando si accendono i riflettori, ma poi se ne dimenticano di nuovo e tutto torna come prima. Nella migliore delle ipotesi, non vanno oltre quella idea un po’ da cartolina che considera i borghi solo come meta di scampagnate e pasquette. Per il resto, ad andare oltre non ce la fanno proprio.
Manca una visione di e su questa grande ed importante parte d’Italia. E se anche ci fosse, manca il coraggio politico di affermarla, di perseguirla, di metterla in pratica, magari anche a costo di non essere politicamente corretti, di non piegarsi al pensiero unico e a certe mode che tanti danni stanno facendo (dalla Legge Delrio sulle province in poi).
Come sempre, dice bene Franco Arminio: “quello che manca è proprio una sorta di rispetto antropologico per chi è rimasto sull’Appennino. I servizi di cittadinanza sono stati tagliati senza grandi opposizioni, né al centro, né in periferia. Hanno chiuso l’ospedale del mio paese e poi scopri che a Nola stendono i malati per terra”.
È così. Non appena ci si allontana dalle città e dal mare, si è considerati cittadini di serie B. Per un certo mondo, “montanaro” è poco meno di un’offesa. Nella logica dei numeri, “piccolo” significa irrilevante. Dunque, sacrificabile.
Ecco perché, per dirla ancora con Arminio (io non potrei trovare parole migliori), “ci vuole un cambio di passo radicale. Occorrono segnali clamorosi che vadano oltre le manfrine burocratiche. Ci vuole un cantiere per l’Appennino, bisogna dire a tutti i giovani che ci sono che avranno lì lavoro per almeno dieci anni, perché l’Italia e il mondo devono salvare l’Appennino, perché è una terra sacra, è una terra che ha un patrimonio naturalistico e culturale unico al mondo”.
Per dire (gridare) tutto questo non abbiamo altra scelta. Bisogna stare insieme. Occorre iniziare da una nuova mobilitazione dei Piccoli Comuni. Una nuova giornata dell’Orgoglio Comune per chiedere con forza che le aree rurali e montane entrino nell’agenda principale del governo italiano. Una Volterra bis, magari da celebrare in Centro Italia o in un borgo meridionale a rischio spopolamento. Per riempire di contenuti l’anno dei Borghi indetto dal Ministro Franceschini. Per affermare il diritto ad abitare. Per salvare i nostri paesi (e l’Italia) partendo dal basso, visto che dall’alto non arriva niente di buono.
Si, dal basso.
Per interpretare appieno quel sentimento diffuso di frattura e di distanza espresso oggi in maniera cruda ed efficace da Pier Paolo Flammini (https://www.rivieraoggi.it/2017/01/20/234475/sto-coi-sindaci-non-sto-coi-governi/) che individua nei Sindaci, negli Assessori e nei Volontari la parte da cui stare. In contrapposizione ai Governi italiano ed europeo. Perché i primi “non dormono, corrono, faticano, si prendono responsabilità, decidono in pochi minuti, prendono insulti, non mollano (…) magari li critichiamo, li contestiamo, ma sono con noi, ci rappresentano, fanno parte della nostra società”. Gli altri, quelli al Governo, quelli no. Quelli ormai sono un’altra cosa.
Ed allora, proviamoci, tutti insieme, a fare una Volterra bis. Ricominciamo insieme. A Primavera. Che questo dannato inverno dovrà pur finire.