Mentre il 2015 si è concluso con il tradizionale decreto Milleproroghe che ha rinviato l’obbligo di gestione associata delle funzioni fondamentali per i Piccoli Comuni, appare del tutto evidente che sarà il 2016 l’anno cruciale per i cosiddetti “mini enti”.
Mai come questa volta (siamo alla quarta proroga) il rinvio sembra essere propedeutico ad un intervento legislativo più radicale e definitivo.
O, almeno, questo si auspica gran parte della politica-politicante italiana.
A cominciare dall’ANCI che nell’esprimere vivo apprezzamento per il rinvio non manca di sperare che l’ennesima proroga sia solo una premessa per una revisione più organica della materia. “Ci auguriamo – ha infatti commentato il Vicepresidente ANCI Matteo Ricci (PD) – che la proroga al 31 dicembre 2016 possa essere il primo passo verso la definizione di bacini omogenei per la gestione associata dei servizi, a prescindere dalle dimensioni dei Comuni coinvolti e per arrivare quindi a un riassetto complessivo del governo territoriale. Siamo pronti già a partire da Gennaio a contribuire a scrivere con il Governo una legge che metta insieme i Comuni per davvero, in maniera efficace ed efficiente”.
A ruota, come al solito, Angelino Alfano che si è affrettato a sposare il progetto dell’ANCI e ad assicurare che i Piccoli Comuni (quali?) “da oggi hanno un’agenda propria, condivisa dall’ANCI e dal Ministero dell’Interno”.
Intanto, a preparare il terreno, addolcendo la pillola, ci ha già pensato la Legge di Stabilità con il raddoppio degli incentivi statali per i Piccoli Comuni che nel corso del 2016 dovessero optare per la fusione volontaria (una specie di autorottamazione a premi che già sta facendo i primi proseliti tra diversi amministratori di Piccoli Comuni accecati dalla promessa di quattrini freschi).
In parallelo, vanno pericolosamente moltiplicandosi le proposte di legge, le iniziative politiche e le dichiarazioni stampa in senso contrario al mantenimento dei Piccoli Comuni.
L’ultima della serie, infatti, è la proposta di legge (n. 3420) depositata dal deputato PD Emanuele Lodolini che all’art. 1 prevede l’aberrante principio secondo cui “un comune non può avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti”, con conseguente obbligo di fusione per tutti gli enti appena dichiarati (da lui stesso) fuorilegge.
Imprevedibilmente, giocano di sponda con PD e Governo anche i duri e puri della Lega Nord. Il Governatore del Veneto Luca Zaia, infatti, ha recentemente rilasciato una dichiarazione che non lascia spazi a dubbi: “La fusione tra i piccoli Comuni processo irreversibile. Il progetto della Regione – ha aggiunto – prevede un percorso che in un futuro potrebbe portare indicativamente dai 581 Comuni attuali a un massimo di 150 con risparmi evidenti per la spesa pubblica”.
Un po’ come vorrebbe Rossi in Toscana (ne ho già parlato nel blog) o SEL in Abruzzo dove il coordinatore provinciale del minipartito di sinistra ha sentenziato: “Il futuro passa per la fusione dei piccoli comuni”.
Ma la lista si allunga sempre di più. E comprende quasi tutti i partiti ed i presidenti di regione, fino alla coppia Quaglieriello – Giovanardi anch’essa depositaria recentemente di una proposta di legge per la fusione obbligatoria. E non è la loro …
A leggere bene quanto sta accadendo in giro, dunque, c’è poco da gioire. Il Milleproroghe non è un atto di ravvedimento e nemmeno un atto di clemenza del Governo nei confronti dell’autonomia dei Piccoli Comuni (pur riconosciuta dalla Costituzione), ma soltanto un momento di tregua prima di assestare il colpo definitivo.
Perciò occhi aperti, per favore.