Il Pensiero Unico (ed anche un po’ snob) contro i Piccoli comuni colpisce in maniera incessante e da tutte le parti. Sinistra, destra, su e giù.
L’ultimo esempio è l’articolo dello scorso 9 marzo di Aldo Forbice su LaVerità, il nuovo ambizioso (almeno nel nome) quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro.
Per l’autore sembra essere tutto chiaro. <<Nel Paese dei Campanili, clientele politiche e localismi ostacolano il superamento di un’illogica frammentazione amministrativa>>.
Anche la grande tabella sotto il titolo al centro della pagina, del resto, non promette nulla di buono. Accanto ad ogni Regione italiana viene indicato il numero di Comuni dal 1951 a 2017 ed il titolo di “più virtuosa” va direttamente alla Regione (Marche) in cui negli ultimi sessant’anni c’è stata la più alta moria di Comuni.
Dopo questa semplicistica e deludente equazione, si continua ancora peggio con la solita filastrocca di luoghi comuni e di banalità di bassissima lega. Tipo: “Le resistenze di lobby e clientele politiche territoriali, le rivalità secolari delle piccole comunità, la diffusa demagogia sulla tutela dei borghi antichi … hanno favorito l’immobilismo e chi aveva interesse a lasciare le cose come stanno da decenni”.
Da non credere!
Per questo illustre signore, dunque, chi si permette di dissentire dalle fusioni imposte dall’alto e prova a sostenere l’incolpevolezza dei Piccoli comuni nello sfascio del sistema Italia, nella migliore delle ipotesi è un demagogo. Sennò è qualcosa di molto simile ad un guappo di paese dedito esclusivamente ai suoi traffici locali da difendere a tutti costi.
Pensa te. Evidentemente il sig. Forbice (nomen omen) non conosce le centinaia e centinaia di amministratori locali e di volontari civici che, in posti dove lo Stato neanche ci mette piede, rappresentano le istituzioni, cercano di essere d’aiuto ai cittadini, alimentano la pratica democratica e l’esercizio della politica.
Fortuna che ad un certo punto dell’articolo compare una dichiarazione di Loreto Del Cimmuto, il presidente di Lega Autonomie, che riporta il ragionamento a livelli quantomeno accettabili, ricordando come <<non bastano criteri demografici per le fusioni, ma anche di continuità territoriale, di omogeneità di interessi economici, sociali ed ambientali>>.
Eppure basterebbe così poco per affrontare seriamente la questione dei Piccoli comuni. Intanto, liberarsi da preconcetti e pregiudizi. Poi, provare a ricordare che una Nazione non si fa a tavolino, magari con la calcolatrice vicino. Che non tutto si deve misurare con la logica dei bilanci e della spesa pubblica, perché le persone e la Terra hanno un valore assoluto, troppo grande anche per i Ragionieri di Stato, i funzionari di Bruxelles ed i loro scribacchini locali. Ed infine, accettare il rischio di ascoltare le ragioni di chi ci abita nei paesi. Di chi li cammina e li vive. E magari ci muore anche.
Vengano a farsi un giro da queste parti, Forbice e Belpietro, prima di fare paginoni del genere. Sono convinto che persino a loro basterebbero pochi giorni per capire che, specie nelle aree interne, montane e rurali, i Comuni servono come il pane.
Eccome, se servono.