Per una brutta coincidenza ho iniziato a leggere “Niente treni la domenica” (Edisud, 141 pag. ) di Longo e Scagliarini proprio nei giorni della tragedia ferroviaria in Puglia.
Così mi sono ritrovato tra le mani un libro sulla storia del grande saccheggio delle Ferrovie Sud Est mentre social, tv e giornali passavano le immagini terribili della strage sul “binario unico”.
Proprio nelle ore in cui Antonio Padellaro su Il Fatto Quotidiano ammoniva politica e opinione pubblica sulla tentazione di non scaricare ed archiviare il tutto con la solita, riduttiva e comoda conclusione de “L’errore umano”, che addossa sul malcapitato di turno l’enorme peso di tutti quei morti, salvando da responsabilità ben più ampie le sfere alte dell’azienda e della politica.
Ed allora, disgustato dallo spettacolo offerto ho staccato Facebook e Twitter, salutato gli esperti di giornata e gli sciacalli digitali in servizio permanente effettivo e mi sono ributtato nella lettura del coraggioso libro dei due redattori della Gazzetta del Mezzogiorno.
Scoprendo altre storie di binari unici (solo casualmente senza morti), di vagoni di seconda mano acquistati a peso d’oro in Polonia, di consulenze milionarie, di contratti e parcelle gonfiate e di amministratori, politici, liberi professionisti e faccendieri accomunati da spregiudicatezza e voglia di far soldi. Tanti soldi. In danno della Ferrovia. E sulla pelle dei cittadini e dei contribuenti.
Secondo gli autori, sono stati 350 i milioni di euro di debiti accumulati in anni di sperperi, clientele, affari e truffe. Spesso con la compiacenza di uomini importanti domiciliati tra Roma e Bari sicurissimi di farla franca.
Lo hanno scritto sulle Ferrovie Sud Est ma, con i dovuti approfondimenti si potrebbero ritrovare vicende simili in tante altre storie italiane. A me, ad esempio, ha ricordato, con le dovute proporzioni, quanto successo in gran parte dei Monti Dauni con il dissesto idrogeologico negli anni addietro. Ma, ovviamente di similitudini se ne potrebbero trovare a iosa.
Perciò è un libro da tenere a mente.
Perché insegna che i binari unici spesso restano tali per scelte politiche sbagliate o opportunistiche, perché si considerano le persone come numeri. O peggio, per inadempienze e ruberie.