Assisto in queste ore all’ennesimo teatrino di politici nazionali e regionali che si rimpallano accuse e responsabilità sui nuovi permessi di ricerca di idrocarburi autorizzati qualche giorno fa dal Ministero dello Sviluppo Economico nel mar Ionio su una superficie complessiva di 2200 km/q a favore della società americana Global MED LLC, con sede legale in Colorado.
Ad inaugurare le danze Angelo Bonelli dei Verdi: “La ricerca autorizza l’uso dell’air gun, le bombe d’aria e sonore, che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica: è il regalo di Luigi Di Maio alla Puglia e alla Basilicata dopo Ilva e le autorizzazioni alla Shell rilasciate dal Ministero dell’Ambiente. Con la legge di Bilancio Luigi Di Maio – continua l’esponente dei Verdi – avrebbe potuto abrogare l’art. 38 della legge Sblocca Italia, voluta da Renzi che consente di unificare l’autorizzazione di ricerca con la concessione ad estrarre idrocarburi, ma come ha fatto con Ilva ha confermato per intero quello che ha fatto il precedente governo“.
A stretto giro l’immancabile affondo del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: “Impugneremo le nuove autorizzazioni rilasciate dal Mise a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. Ci siamo sempre battuti in difesa del nostro mare, e continueremo a farlo. La battaglia contro le trivellazioni nei mari pugliesi continua. Di Maio e Costa come Renzi e Calenda. Con la differenza che almeno Renzi e Calenda erano dichiaratamente a favore delle trivellazioni, mentre Di Maio e Costa hanno tradito ancora una volta quanto dichiarato in campagna elettorale (…). La Regione Puglia non farà un diverso trattamento al Governo Conte rispetto ai governi precedenti, non siamo persone che fanno due pesi e due misure a seconda delle convenienze. La Regione Puglia difenderà il suo mare in ogni sede e con tutti i mezzi disponibili“.
Naturalmente non è mancata la velocissima replica del Movimento 5 Stelle che parla di fake news e di “iter avviato sotto il precedente Governo” con tanto di lunghissimo post del Ministro Luigi di Maio che, addirittura, si augura che Emiliano impugni il provvedimento del suo Ministero. Giusto per rendere la cosa ancora più confusa.
Ora, io – come credo la maggior parte dei cittadini – non ho gli strumenti per comprendere chi ha ragione, chi ha torto e chi più di altri strumentalizza la cosa. E, forse, neanche mi interessa più. Mi limito, piuttosto, a registrare un altro dato di fatto: se le ricerche di idrocarburi nel mar Ionio mobilitano politici ed istituzioni ce ne sono altre che proprio non interessano a nessuno.
I Monti Dauni sono trivellati da mezzo secolo nel disinteresse generale. Non vedo politici e rappresentanti istituzionali accapigliarsi per le 14 concessioni (fonte MISE) che riguardano il nostro territorio. Né ho sentito di barricate, mobilitazioni o altro per la nuova ondata di altri 7 permessi di ricerca in corso di valutazione al Ministero. Mi sembra di poter dire che i Monti Dauni sono trivellati di Serie B.
Eppure il fenomeno non è marginale. All’Ufficio nazionale minerario del MISE sono 359 i pozzi pugliesi registrati, di cui 354 nella sola provincia di Foggia. Attualmente i pozzi produttivi assommano a 125, mentre altri 90 sono rubricati per “altro uso”.
Atti alla mano, peraltro, risulta che la Giunta Regionale del Presidente Emiliano abbia tranquillamente deliberato la riattribuzione di concessioni di idrocarburi nei Monti Dauni (si veda, ad esempio, la DGR 22/2017), ma sarà stato sicuramente un …. “atto dovuto”. Magari come quello recente del MISE…
In rete, poi, si possono trovare articoli e denunce pubbliche (seguite anche da un interrogazione parlamentare) di presunte attività di fracking effettuate nei Monti Dauni, ossia del ricorso alla pericolosa tecnica di fratturazione idraulica delle rocce del sottosuolo alla ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi. E non si devono dimenticare i tanti metanodotti e gasdotti vecchi e nuovi che solcano indisturbati il nostro territorio.
Tutto nel silenzio di quei big della politica (e non solo).
Le disparità di trattamento e di considerazione continuano, ovviamente, anche sul fronte economico. Se è vero che dopo anni di confronto, 7 nostri Comuni sono riusciti, non senza difficoltà, ad ottenere 11 milioni di royalties previsti dalla LR 7/2002, va anche detto che, quando si è presentata l’occasione, la Giunta Regionale ha destinato ben 23 milioni di euro “prodotti” da noi ad altri territori pugliesi per finanziare progetti che riguardano San Severo, Apricena, Massafra e addirittura l’aeroporto di Grottaglie (DGR 444/2017), certificando una doppia penalizzazione per i Monti Dauni.
Come se non bastasse, infine, va ricordato che le modeste royalties corrisposte ai Comuni sono anche costantemente impugnate dalle multinazionali del GAS che, per via giudiziaria, stanno cercando in tutti i modi di ottenere dei ricalcoli delle aliquote per pagare di meno. Ed anche in questo caso la politica sembra essersi voltata dall’altra parte.
Allora, la morale non può che essere una. Per le nostre trivelle non c’è da aspettarsi un grande sbattimento da parte dei massimi rappresentanti istituzionali. Evidentemente non fanno notizia, non sono abbastanza trendy come quelle in mare. Se vogliamo tutelare il nostro ambiente ed ottenere maggior giustizia dall’innegabile sfruttamento del nostro territorio non possiamo aspettare che altri si intestino la nostra battaglia. Perciò è un bene che l’assemblea dei Sindaci dei Monti Dauni abbia deciso di inserire la questione energetica nella Strategia Nazionale delle Aree Interne. Ma occorre fare di più. Non basta. E’ necessario tenere alta l’attenzione ed informare la popolazione, coinvolgere la gente dei Monti Dauni, aumentare la consapevolezza di quello che ci capita senza farci scivolare tutto addosso.
Altrimenti saremo di serie B. Anche da trivellati.
Letture consigliate:
http://letteremeridiane.blogspot.com/2018/04/i-monti-dauni-si-spengono-nel-silenzio.html
http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2018/08/puglia-la-rapina-del-gas.html
IDROCARBURI: MONTI DAUNI TERRA (solo) DA SFRUTTARE. Ecco l’ultimo esempio.
Monti Dauni ed Energia: il paradosso di una terra ricca e povera insieme