Ma anche in Italia il tema è attualissimo e tre nuovi Ministri hanno già fatto dichiarazioni significative.
In Francia la lotta allo spopolamento dei territori rurali passa anche dalla riapertura dei bistrot. Ok, detta così potrebbe sembrare una riedizione della celebre espressione attribuita a Maria Antonietta d’Asburgo durante la rivoluzione francese nei confronti del popolo affamato: “Se non hanno più pane, che mangino brioche”. Ed invece il progetto merita di essere preso sul serio.
I bistrot francesi sono l’anima dei territori rurali, l’ultimo baluardo di socialità nei piccoli comuni, in moltissimi casi l’unico luogo di ritrovo a disposizione delle comunità locali. Ma, complice lo spopolamento galoppante e la desertificazione rurale in favore delle città, c’è sempre meno interesse e convenienza a mantenerli aperti. Si stima che negli ultimi anni oltre il 50% dei Comuni con meno di 3500 abitanti ha visto chiudere gli unici negozi di prossimità, botteghe, bar e locali tradizionali con gravissime conseguenze sociali ed economiche.
Ed allora, ecco l’iniziativa di “Mille Caffè” dell’associazione SOS vicina al governo francese rivolta ad oltre 30 mila amministrazioni comunali di piccoli paesi. Stando a quanto annunciato dal presidente Jean Marc Borello, nei prossimi mesi l’associazione raccoglierà le candidature dei primi comuni selezionando i profili più idonei a essere incubati: sul piatto ci sono 200 milioni di euro già raccolti per sostenere l’acquisto delle licenze e garantire il salario minimo ai gestori che assumeranno il rischio d’impresa ammorbidito da un aiuto sostanziale nella fase di avviamento del locale.
Anche il primo ministro Philippe ha raccolto la sfida: al congresso dell’Associazione dei Comuni Rurali francesi ha ribadito la volontà del governo di salvaguardare l’anima popolare e più autentica della Francia a partire proprio dalla riapertura dei bistrot con misure concrete come la concessione di nuove licenze per la vendita di alcolici (che in Francia hanno costi esorbitanti), sgravi fiscali e sostegno agli investimenti in aiuto dei futuri gestori.
Più di un osservatore ha azzardato un parallelo con la situazione italiana: Il bistrot francese come la trattoria?
Livia Montagnoli di Gambero Rosso, ad esempio, ha commentato:
“Anche l’Italia è fatta di piccoli paesi che lottano per restare in vita di fronte allo spopolamento delle aree rurali e alla crisi dell’economia di prossimità. Trattorie, osterie e bar di paese possono contribuire alla causa. Che l’iniziativa francese possa essere d’esempio per garantire la sopravvivenza delle attività storiche e sostenere la nascita di nuovi progetti?”.
C’è da dire che in Italia non siamo all’anno zero. E’ significativo, infatti, che i nuovi ministri Provenzano (per il Mezzogiorno e la coesione sociale) e Franceschini (Beni culturali e Turismo) nelle loro primissime uscite abbiano assicurato, in maniera più che credibile dato anche il loro percorso personale, priorità e grande attenzione per questi temi:
“Al centro delle politiche di sviluppo e coesione deve esserci il tema della diffusione dello sviluppo dell’opportunità e del benessere, per ricucire le fratture e rispondere a un’insicurezza dettata da shock di natura economica, demografica, da crisi ambientali e disastri naturali ma dovuti spesso a una mancanza di politica e attenzione ai luoghi, a come si organizza la convivenza e il futuro“, ha affermato il Ministro Provenzano aggiungendo anche di immaginare il suo come un:
“Ministero dei luoghi, attraversati, in Italia, da fortissime disuguaglianze economiche, sociali, di godimento di diritti di cittadinanza che sono alla base, poi, delle disuguaglianze territoriali e regionali a partire da quella che ritengo ancora attuale tra Nord e Sud, fino a quelle tra città ed aree interne”.
Franceschini, già ideatore dell’Anno dei Borghi nel 2017, ha rafforzato il concetto:
“Uno degli impegni che il nuovo governo deve assolutamente avere in cima agli altri è la valorizzazione delle aree interne, che sono la forza di questo Paese dal punto di vista di tutela dell’identità e della cultura ma hanno anche uno straordinario potenziale turistico”. “L’Italia deve avere la consapevolezza nei prossimi anni che alcuni luoghi che attraggono di più il turismo internazionale hanno già oggi problemi di tenuta. Quindi la possibilità di crescere nell’accoglienza turistica passa attraverso la valorizzazione di infiniti luoghi, borghi, città d’arte di cui le aree interne sono assolutamente colme”.
Se tre indizi fanno una prova bisogna salutare con estrema soddisfazione, infine, le parole di Francesco Boccia che dal Ministero per gli Affari Regionali ha ribadito il ruolo centrale dei piccoli comuni italiani e l’impegno a favore delle aree interne con nuovi finanziamenti e azioni contro lo “svuotamento”.
Ed allora, visto che qui c’è poco da imparare dalla Francia, si riparta dai piccoli paesi, dalla piena attuazione della Legge Salva Borghi (in modo che non resti solo una bella enunciazione di principi), dal rafforzamento della Strategia Nazionale delle Aree Interne, da un sistema di fiscalità di vantaggio per chi apre attività o resiste in zone a fallimento di mercato.
Si riparta. Anche un semplice caffè può segnare un nuovo inizio.