Nel mio carrello degli acquisti ci metto un libro: “Io non posso tacere” (Einaudi, 125 pagine, 16 euro). E’ il libro di Piero Tony. E si legge tutto d’un fiato. È un pugno nello stomaco. Specie per chi, come me, è cresciuto studiando diritto e passando dalla passione per la Giurisprudenza alla disillusione nei confronti della Giustizia Italiana. In poco più di 120 pagine, l’ex giudice, autodefinitosi di sinistra, racconta tutti i mali della magistratura. La gogna giudiziaria che anticipa le sentenze sui giornali ed i successivi processi mediatici. La supplenza politica dei giudici ed il loro eccessivo protagonismo. Ma anche il richiamo forte a quelle riforme necessarie, spesso evocate ma mai portate a fondo. Il tutto in chiave autobiografica. Ad esempio ricordando il tormentato processo Pacciani al “Mostro di Firenze”.
Con l’aiuto del direttore de “Il Foglio” Claudio Cerasa, l’ex magistrato ripercorre 45 anni di carriera tra le procure italiane più importanti, citando fatti, esempi e nomi di una giustizia degenerata ed infettata da un virus (la politica) in grado di minarne efficacia e credibilità.
Il racconto si fa avvincente allorquando, dall’interno, vengono svelate le deformazioni delle correnti ed, in particolar modo, di Magistratura Democratica, quella di sinistra, quella più forte, quella più influente. Nata con il nobile scopo di creare luoghi di elaborazione dottrinale e poi ridottasi a comitato di affari e di potere dedito, più che altro, ad orientare opinioni e carriere in un continuo scambio osmotico con la politica ed i partiti.
È un libro duro e bello, quello di Piero Tony. Un libro di coraggio. Così forte da suscitare polemiche inevitabili e strumentalizzazioni fin troppo scontate. Ma anche commenti intelligenti ed altrettanto provocatori.
Penso, ad esempio, a Maurizio Tortorella che su www.tempi.it ha definito il libro “una bomba atomica” e l’autore “l’unico magistrato di sinistra di cui non sentirete parlare da giornali e tv”. Questo libro, continua il blogger, “dovrebbe fare riflettere molti, tanto che bastano poche frasi per farne comprendere l’impatto: «È ovvio che molti magistrati giochino spesso con i giornalisti amici per amplificare gli effetti del processo: purtroppo, quando un pm è politicizzato, può utilizzare questo strumento in maniera anomala. Funziona così, negarlo sarebbe ipocrisia». Ancora? «Con la Legge Severino la politica ha delegato all’autorità giudiziaria il compito, anche retroattivamente, di decidere chi è candidabile e chi no a un’elezione». Continuiamo? «L’obbligatorietà dell’azione penale è una simpatica barzelletta». Non vi basta? «Spesso si sceglie di mandare in gattabuia qualcuno, evitando altre misure cautelari, per far sì che (l’indagato, ndr) paghi comunque e a prescindere».
Tra le tante confessioni dell’ex giudice, Tortorella ne evidenzia una in particolare. Quella che l’autore chiama la teoria del bignè: “il dato di partenza è questo: l’eccessiva disinvoltura con cui le intercettazioni vengono inserite nei fascicoli è spesso indice della difficoltà con cui gli inquirenti gestiscono un’indagine. Ci sono poche prove, si hanno molte intercettazioni, quindi si riempiono con queste i fascicoli giudiziari e subito, quasi automaticamente, si affianca al processo ordinario quello mediatico, assecondato dal metodo del copia-incolla. Un metodo ormai collaudato che cattura l’attenzione dei giornalisti e rende appetibile un’indagine, proprio come un bignè. Funziona cosi: tu procuratore ricevi dodicimila pagine di intercettazioni, le inserisci integralmente nella richiesta di custodia cautelare, perché il copia-incolla è pure molto comodo, poi te le ritrovi nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari. Anche se alcune di queste intercettazioni non hanno alcun rilievo penale e coinvolgono la privacy di persone estranee sai perfettamente che grazie al metodo del copia-incolla rimarrà tutto lì: a ingrossare il fascicolo e a regalare qualche ottimo bignè ai giornalisti“.
La recensione del libro più provocatoria, tuttavia, mi è sembrata quella di Marco Cobianchi di Panorama. Un articolo bello e sferzante che, tra rabbia e paradosso, parte con un significativo “Odio Piero Tony”.
Il perché scopritelo voi…