Il Pensiero Unico si alimenta continuamente di menzogne di Stato avallate dalla “tecnica” e di luoghi comuni ripetuti a cantilena da una politica sempre più debole con i forti e forte con i deboli.
Tra i primi, vi è sicuramente lo studio pubblicato ad inizio anno dal Ministero dell’Interno e redatto dagli esperti Roberto Pacella, Giorgio Milanetti e Giancarlo Verde. Il titolo è tutto un programma: “Fusioni: quali vantaggi? – Risparmi teorici derivanti da un’ipotesi di accorpamento di comuni di minore dimensione demografica”.
Secondo la versione ufficiale, si tratterebbe di un lavoro puntuale che svela le potenzialità che potrebbero derivare da un’operazione di aggregazione di più centri.
In realtà, sembra essere soltanto un’operazione statistica e matematica finalizzata a dimostrare “che in un periodo storico condizionato da una grave crisi economica e sociale e da continui provvedimenti di riduzione della spesa pubblica, è indispensabile razionalizzare la spesa e compiere scelte lungimiranti in grado di far liberare risorse da destinare allo sviluppo”.
Nella logica dei numeri, in definitiva, il Viminale – grazie al soccorso della “tecnica” – enfatizza l’importanza di accorpare i Comuni con meno di 3.000 o di 5.000 abitanti.
Oltre i numeri, però, non dice niente. Nessun accenno all’efficienza dei servizi erogati, alla qualità della vita degli abitanti, al ruolo strategico che i Piccoli Comuni – specie quelli di montagna – hanno nel presidio del territorio nazionale. Niente di niente, contano solo i numeri. Quelli che poi fanno esultare il Sole 24 Ore e salutare l’ennesima possibile eliminazione di sprechi altrui: “Il Viminale: risparmi fino a 3,9 miliardi dalle fusioni dei piccoli Comuni” (27 febbraio 2015).
La cosa più insopportabile, dal mio modesto punto di vista, è la conclusione degli esperti che, soltanto in questa occasione, abbandonano i loro numeri per avventurarsi – proprio loro! – sul terreno dei luoghi comuni: “Sarà utile – dicono – cercare soluzioni che possano convincere le comunità locali a superare le logiche ‘di campanile’ ed a comprendere l’ineludibilità di tali misure, specialmente in considerazione dei vantaggi in termini di efficienza dei servizi e di minore pressione fiscale che ne deriverebbero a favore delle stesse”.
E così uno studio statistico che ha la pretesa di essere scientifico termina con la più grande banalità in materia: la lotta al campanilismo e la necessità di convincere le comunità locali.
Come se fosse un derby. Come se le argomentazioni dei Sindaci dei Piccoli Comuni fossero futili, pretestuose, infantili. Come se gli abitanti dei Piccoli Comuni non avessero la capacità di decidere da soli. Come se l’art. 133 della Costituzione (“La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni”) non fosse vigente.
Sempre più spesso, poi, danno risonanza a questo tipo di argomentazioni i politici professionisti chiamati (da destra a sinistra purtroppo senza distinzione alcuna) a dare corpo e sostanza alla linea di partito, più che ad interpretare i sentimenti, i bisogni e la volontà della gente (che in una democrazia dovrebbe pur contare qualcosa!). E non è un caso che dal Ministero dell’Interno in giù le cose dette siano praticamente le stesse, ripetute anche con una certa leggerezza e superficialità. Tanto è di moda essere contro i presunti sprechi degli altri (per nascondere i propri) ed essere vicini a certi ambienti tecnocratici frequentati dall’ex Commissario alla spending review Carlo Cottarelli (il capitolo n. 6 del suo libro, La lista della Spesa, ed. Feltrinelli, pag. 203, € 15,00, è intitolato eloquentemente: “La spesa dei comuni: quanto serve davvero agli 8000 campanili d’Italia?”). Tanto eliminare un Piccolo Comune è un sacrificio da poco per la grande Politica (chi se ne frega!) e, come l’abolizione delle Province, fa comunque curriculum. E pazienza se poi il risultato è solo un gran pasticcio.
È in questa esaltazione del Pensiero Unico che si inseriscono, da ultimo, le dichiarazioni copia-incolla del consigliere regionale Pino Lonigro (Noi a Sinistra per la Puglia) rilasciate al puntuale Saverio Serlenga. “Essenziale la fusione di Piccoli Comuni” dice Lonigro, che poi, come un tecnico qualsiasi del Viminale, aggiunge: “Il problema è far comprendere alle comunità di questi comuni che non è una penalizzazione, è una maniera per sopravvivere e tentare di rilanciare. Io non so se riusciranno a vincere il campanile, l’idea campanilistica che ogni popolazione può avere”.
https://www.youtube.com/watch?v=HY5Ee7zGtn8
Ma tu pensa che ricchezza di argomentazioni! Venghino pure a convincerci!
Intanto, non so perché, a me viene in mente Barbalbero che all’ingenua domanda di Pipino: “Da che parte stai?” risponde: “Da nessuna parte, perché nessuno è dalla mia”. Anche se la storia è andata a finire diversamente perché, prima o poi, certe forze si svegliano…