Tra il 1558 ed il 1567, il famoso artista fiorentino Benvenuto Cellini, scrisse nella sua celebre autobiografia “quando il povero dona al ricco il diavolo se ne ride”.
Oggi, un altro fiorentino sta mettendo in pratica il vecchio paradosso che vede i poveri (e piccoli) dare ai ricchi (e grandi).
Se non ci credete, provate ad approfondire principi e funzionamento del cosiddetto “Fondo di Solidarietà”, informatevi sul “Bilancio Armonizzato” e vi renderete conto che sotto c’è qualcosa di diabolico.
Io, ad esempio, ne ho già parlato su questo blog un po’ di tempo fa: https://melascrivo.it/fondo-di-solidarieta-la-fregatura-e-gia-nel-nome/. Se questo non vi basta e, come è giusto che sia, cercate qualcosa di più autorevole del pensiero del sottoscritto, visitate il sito dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (è un organismo indipendente costituito nel 2014 con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica del Governo).
Scoprirete che nell’audizione dello scorso 24 novembre, il consigliere Alberto Zanardi ha ammonito la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale su alcune gravi storture del Fondo di Solidarietà.
Dati alla mano, il rappresentante dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio nella sua relazione (disponibile sul sito https://www.upbilancio.it/categorie/audizioni-parlamentari/) ha dimostrato che il nuovo fondo penalizza i Piccoli Comuni e maggiormente il Sud rispetto al Nord.
Cosa ci sia di solidale in tutto questo resta un mistero.
È chiarissimo, invece, come di questo passo non si possa andare avanti.
Lo hanno capito molto bene in Sardegna dove qualche settimana fa oltre 260 Sindaci sono scesi in piazza per protestare contro i vincoli dell’altra diavoleria: il “Bilancio Armonizzato“. Nel documento consegnato alle massime autorità regionali ed inviato anche al Presidente Renzi, i Sindaci liberi di Sardegna, nel chiedere un’interlocuzione diretta affinché “i Comuni Sardi, specialmente quelli ricadenti nelle zone interne e marginali, possano continuare ad esistere”, si sono soffermati sugli effetti negativi delle nuove regole di bilancio giudicate ben più rigide rispetto al famigerato patto di stabilità. “Non è più pressoché possibile – hanno scritto i Primi Cittadini sardi – utilizzare l’avanzo di amministrazione accumulato, neanche per finanziare spese di investimento, né tantomeno ricorrere all’accensione di mutui. Inoltre, con il nuovo vincolo del pareggio di bilancio, i Comuni sono chiamati ancora una volta a concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica posti dal Governo fino al restringimento di ogni campo di autonomia per gli Enti locali. Il risultato di queste politiche – concludono i Sindaci – è quello di ingessare il sistema finanziario dei Comuni, di penalizzare i più virtuosi (altro paradosso di questi tempi) e di rendere praticamente impossibile la vita a chi quotidianamente cerca di dare servizi ai propri concittadini“.
A ben vedere, quindi, termini mediaticamente buoni e corretti come “Fondo di Solidarietà” e “Bilancio Armonizzato” nascondono delle vere e proprie fregature per i Piccoli Comuni. Fregature, che vanno di pari passo con la riduzione di autonomia e risorse.
Per dirla con le bellissime parole (non avrei potuto fare di meglio) postate l’altro ieri da Fabio Di Meo siamo di fronte ad una “sorta di neocentralismo istituzionale”, nato “in concomitanza con lo scoppiare della crisi economica”, con le “classi politiche nazionali (che) tendono ad orientare potere, e dunque anche risorse economiche, verso i centri urbani più grandi, dove si trovano i loro principali bacini elettorali. Di qui lo spostamento di competenze dalle regioni allo Stato, la cancellazione delle province con il trasferimento di competenze alle regioni, il graduale smantellamento delle deleghe di funzioni provinciali e regionali alle Unioni dei Comuni, la valorizzazione delle città metropolitane, le fusioni dei comuni”.
La cosa ancor più grave, continua Di Meo, è che “questo processo trova spesso sostegno anche tra le classi politiche locali, nonostante le comunità da esse rappresentate abbiano tutto da perderci. Un po’ perché la causa nazionale riesce a penetrare attraverso le dinamiche e gli equilibri di potere tutti interni ai partiti. Un po’ perché le classi politiche locali ambiscono sempre a diventare prima o poi nazionali”.
Già. Ecco perché i Sindigos liberos della Sardegna (e i pochi altri che si battono ogni giorno per i loro territori in tutta Italia) sono una piacevole eccezione da sostenere fino in fondo affinché a ridere non sia il diavolo, ma la gente dei Piccoli Comuni.