Ora, per carità cristiana, non chiedetemi perché sabato sera 21 luglio corrente anno ero davanti al televisore a guardare il film di prima serata di Rai Uno. Sono cose difficili da spiegare.
Sappiate, però, che ho casualmente beccato un bel film. Si chiama “Un paese quasi perfetto” del 2016, scritto e diretto da Massimo Gaudioso. Al di là di talune giustificabili forzature e caricature (si tratta pur sempre di una commedia e di una trasposizione cinematografica), ha il merito di affrontare un tema, quello dei borghi italiani, che difficilmente arriva al grande pubblico. Perciò, augurandomi che lo vogliate vedere (o rivedere), ma soprattutto capire, mi limito qui a parlarne bene, senza nessuna pretesa, dicendovi soltanto le 10 cose che mi sono piaciute di più:
- Miriam Leone (sempre, comunque e a prescindere);
- si è parlato di Piccoli Comuni su Rai Uno ed in prima serata ed è sempre una cosa buona (certo, un sabato di luglio non è proprio l’ideale, ma non è il caso di fare troppo gli schizzinosi);
- potrei sbagliare, ma mi sembra che questo lavoro rafforzi un piccolo filone cinematografico ambientato in Piccoli Comuni italiani più o meno immaginari (da Benvenuti al Sud, passando per Poveri ma ricchissimi, Omicidio all’Italiana, ecc..). Altra cosa buona;
- è ambientato, infatti, in un piccolo paese del Sud, in Basilicata, in un’area interna, spopolata e disconnessa, nei pressi delle Dolomiti Lucane e dunque in Montagna. Praticamente … Il massimo!
- Gli abitanti sono pochi (forse troppo sempliciotti) ma orgogliosi, tenaci, resilienti, attaccati con le unghie al proprio paese, e per la maggior parte, indisponibili a qualsiasi idea di futuro che contempli l’emigrazione a favore della città;
- fanno Comunità, si ritrovano nell’unico bar del borgo e, al suono della campana, si incontrano per le riunioni di Paese per cercare soluzioni condivise (seppur bizzarre);
- si adoperano in tutti i modi per far apparire, agli occhi dell’ignaro forestiero, il paese migliore di quello che effettivamente è. E ci riescono (come solo gli abitanti dei Piccoli Comuni sanno fare);
- Per troppo tempo credono nel Salvatore della Patria ovvero nell’imprenditore del Nord deciso a “mettere la fabbrica” da loro, ma alla fine scoprono che lo stesso era interessato soltanto a rubare i contributi dell’Unione Europea, quindi, seppur delusi, prendono coscienza e si ravvedono;
- l’ospite, il medico milanese pieno di pregiudizi sulla vita del paese, si ricrede (come tutti quelli che danno fiducia ai Piccoli Comuni), riconosce di essersi trovato bene e di aver molto apprezzato le persone “autentiche” che lo abitano (ha detto proprio così: autentiche) ;
- dopo la delusione per l’illusione industriale (anche qui corsi e ricorsi…), arriva l’idea geniale del dottore di città: valorizzare quello che c’è (ogni riferimento è puramente voluto!), che magari pur essendo sotto gli occhi di tutti nessuno riusciva a vedere perché troppo concentrato su quello che non c’era (la fabbrica). Così il paese diventa un polo di attrazioni turistiche con la miniera abbandonata che si converte in un centro benessere e la vecchia teleferica che si trasforma in un Volo dell’Angelo capace di far arrivare gente da ogni dove. Ed il paese non si spopola, anzi rivive!
Finito il giochino dell’elenco (anche un pò banale, lo ammetto) una considerazione leggermente più seria. Se il film di Gaudioso è una favola a lieto fine, la sua morale non può che essere questa: i Piccoli Comuni rappresentano una grande opportunità per l’Italia (se ci crede) ed il turismo naturalistico, ambientale, sostenibile, responsabile e salutare può essere davvero una grande occasione di sviluppo e di futuro per i borghi italiani dell’entroterra. Non solo nei film. Basta crederci.