Qualche giorno fa Massimo Lorello sull’edizione palermitana de La Repubblica si chiedeva, tradendo tutta la sua preoccupazione, “come sarà la Sicilia fra dieci anni?”.
Precisando, subito dopo, di riferirsi non alla Sicilia delle grandi città, né a quella delle località balneari, ma di pensare a quella dei Piccoli Comuni che si spopolano, dei piccoli borghi dove non nasce più un bambino. Comuni piccolissimi ed antichissimi che rischiano di diventare paesi fantasma tra chi emigra, chi abbandona la propria abitazione ed addirittura prova a regalarla alle Amministrazioni comunali pur di non pagare le tasse.
“Le cause di questa desertificazione” – scrive ancora Lorello – “sono tante ma una in particolare sembra decisiva: la riduzione della spesa pubblica”. I Piccoli comuni pagherebbero, prima e più di altri, gli effetti della crisi economica e della conseguente (ed aggiungo io: eccessiva) mitizzazione della riduzione della spesa pubblica.
A conferma dell’urgenza della questione, sull’argomento ci è tornato in questi giorni anche Il Veltro, il giornale dei Monti Dauni, diretto da Leonardo D’Alesio, sciolinando dati impietosi ed allarmanti. Ma, soprattutto, evidenziando come il problema non sia mai stato realmente affrontato: “La politica nazionale, prima ancora che quella regionale e locale non affronta questo tema con la dovuta attenzione, e non prende provvedimenti seri per ripopolare queste zone” (http://www.ilveltro.it/).
Ma oltre alla politica c’è un altro grande assente. È il popolo. Come più volte sottolineato da Geppe Inserra su Lettere Meridiane. L’esempio più clamoroso è il diverso atteggiamento rispetto alla vicenda, sempre attuale, dell’estrazione di gas ed idrocarburi nel nostro territorio. Una storia di sfruttamento che vide, negli anni sessanta, la popolazione scendere in piazza ed organizzarsi in comitati e, oggi, un sostanziale e generico disinteresse anche nei confronti di quelli che sembrano veri e propri furti (http://letteremeridiane.blogspot.com/2018/04/perche-il-subappennino-e-stato-sconfitto.html.).
Ed allora manca la politica, ma manca anche l’opinione pubblica. La gente, il popolo, gli abitanti. Del resto, come conclude il direttore de Il Veltro, “La vera risposta va trovata dentro noi stessi, gente di questa terra”.
Perciò bisogna darsi da fare. Tirarsi su. Uscire da quella specie di silenzio e di rassegnazione che troppo spesso si impossessa di queste Terre.
La prima occasione è la firma dell’appello, preparato da Borghi Autentici, Legambiente e Uncem, e rivolto al Presidente del Consiglio e ai Ministri Salvini e Toninelli per chiedere l’immediata attuazione della Legge per la Salvaguardia dei Piccoli Comuni. Sarebbe bello se tutti i Sindaci firmassero e se si potesse organizzare una mega petizione in ogni piazza di ogni borgo italiano, proprio per sottolineare che non è materia che riguarda solo gli amministratori, ma anche e soprattutto gli abitanti.
“La legge 158/2017 approvata sul finire della scorsa legislatura all’unanimità, che pone finalmente le condizioni per invertire la rotta e ridurre le maggiori disuguaglianze territoriali – si legge nella lettera aperta – ha oggi dunque bisogno di un’urgente spinta politica, economica e sociale per determinare ricadute reali e inversioni di tendenza significative”.
È necessario incardinare nella Legge di Bilancio le risorse necessarie, predisporre l’elenco dei comuni beneficiari e stilare il Piano Nazionale per la riqualificazione dei piccoli comuni, che avrà il compito di definire modalità di presentazione e selezione dei progetti finanziabili dalle risorse previste.
In parole povere, è indispensabile partire con gli interventi concreti, evitare che la Legge resti solo un bel testo privo di anima, dare subito un segnale di inversione di tendenza per provare a rispondere alla domanda iniziale (come sarà la Sicilia – e l’Italia tutta – fra dieci anni?) con più ottimismo e fiducia.
E con un impegno preciso: non far morire i Piccoli Comuni.