C’è un filo lungo ed invisibile che lega Ussita a Faeto. Sono entrambi senza sindaco. E per motivi seri.
Qua non c’entrano le solite crisi politiche, le Amministrazioni che cadono per guerre fratricide, ribaltoni o interessi contrapposti. Non ci sono teatrini, qui. C’è solo l’amara verità.
Marco Rinaldi, il Sindaco PD del paese terremotato di Ussita, si è appena dimesso in maniera irrevocabile. Abbandonato dalle istituzioni ed indagato dalla magistratura (per quelle responsabilità che sovente piovono sui sindaci ovvero sui capri espiatori per eccellenza) ha deciso di dare un segnale forte. L’ultimo possibile.
“Qui la ricostruzione non si farà mai”, ha detto ormai sfinito da promesse non mantenute, lassismo, burocrazia ed inchieste giudiziarie. Dice che continuerà ad impegnarsi per la sua terra da cittadino semplice perché l’abbandono da parte dello Stato e la tagliola della burocrazia non le può più sopportare con la fascia tricolore addosso. E’ una questione di dignità.
A Faeto, ad una quindicina di chilometri dal mio paese, la situazione è solo apparentemente diversa. Al contrario di Ussita, dove lo Stato probabilmente se ne ha andato solo dopo il terremoto, qui, tranne qualche illusione pagata a caro prezzo, l’abbandono è perenne. Giusto per avere un’idea, se ne accorse qualche tempo fa persino il noto giornalista Andrea Scanzi (fhttps://melascrivo.it/i-monti-dauni-hanno-bisogno-di-strade-e-non-solo/) che, chissà per quale motivo, si ritrovò a percorrere il calvario stradale per le vie dei Monti Dauni.
“A Faeto nessuno vuole fare il Sindaco”, titolano giornali e siti della nostra zona, riportando la clamorosa notizia sul paese dove non ci saranno elezioni per assenza di candidati. E si sprecano i commenti frettolosi e le interpretazioni superficiali di chi pensa che “si sono mangiati tutto”.
Ed allora mi vengono in soccorso, come sempre, i versi di Franco Arminio: “Chi non sa nulla del Sud stia zitto, parli chi ha il coraggio di starci dentro, di attraversarlo lentamente”.
Se volete capire perché Ussita, Faeto ed almeno altri 4 Piccoli Comuni italiani che a questo giro sono senza sindaco, prima di parlare, provate ad ascoltare chi ha il coraggio di starci dentro. Ascoltate, per una volta, il grido di dolore dei Sindaci dei Piccoli Comuni di montagna. Recuperate i troppi allarmi inascoltati di chi, tra l’indifferenza degli altri livelli istituzionali, ha denunciato invano l’assenza di servizi e finanche di attenzione per questi luoghi dimenticati. Contate le risorse tagliate, gli scippi legalizzati, i provvedimenti capestro a danno di quelli che chiamano con disprezzo “mini enti” o “comuni polvere”. Rileggete Concita De Gregorio che non a caso parlando dei Primi Cittadini tempo fa scrisse: “Hanno ucciso il mestiere più bello“. Interrogatevi su uno Stato ed una Politica che praticano ed istituzionalizzano la discriminazione tra territori, che aumentano la distanza con le periferie ed incentivano lo spopolamento delle montagne e dei paesi. Date il giusto peso anche al silenzio assordante dei politici che quasi godono nel vedere i Piccoli Comuni che chiudono e la democrazia scomparire. Che miseri che sono.
Fate la conoscenza, come me, di Antonio Melillo, Primo Cittadino di Faeto nell’ultimo quinquennio. Ascoltatelo dire con sofferenza: “ho dato cinque anni della mia vita per questo paese, non posso essere di nuovo io il Salvatore della Patria“. Anche la beneficenza ha un limite. Posso testimoniare se volete.
Spostatevi in provincia di Belluno a Cencenighe Agordino (1300 abitanti) e sentite l’ultimo Sindaco, William Faè dirvi cose che i politici professionisti ignorano: “In questi anni il mio stipendio è stato di 490 euro, vi pare possibile? Sapete quanti problemi deve affrontare un Sindaco? In certi periodi non sono riuscito neanche a vedere mia moglie! Ogni cosa che succede c’è di mezzo il Sindaco, bisogna stare attenti alla burocrazia, siamo strangolati dai vincoli di bilancio… Non si può amministrare in queste condizioni“.
Se non vi basta, girate per Penna San Giovanni (Macerata), San Luca in Calabria ed Elva (Cuneo). Sono tutti paesi dove nessuno vuole fare il Sindaco. E c’è da giurare che ce ne saranno altri nei prossimi anni.
Fate il Giro dell’Italia minore e, oltre alle diverse dinamiche locali, troverete dappertutto amministratori locali esausti, sfiniti ed umiliati. Senza personale e senza risorse (“in questi anni è stato il mio vicesindaco, un signore in pensione a darmi una mano, poteva farcela solo una persona con tanto tempo libero“, dice ancora Faè), chiamati ad occuparsi di tutto e ad essere sottoposti ad enormi responsabilità per poche centinaia di euro, perché tanto viene considerato il loro lavoro quotidiano a servizio delle Istituzioni.
Fatelo presto però. Il punto di non ritorno è vicino.