Per definizione, l’utente è colui che usufruisce di un bene o di un servizio, generalmente collettivo, fornito da enti pubblici o soggetti privati (wikipedia). A differenza del cliente che ha ampia facoltà di scelta nell’utilizzazione di un bene o di un servizio, l’utente è limitato dalla Pubblica Amministrazione, azienda o concessionario che eroga il servizio. In altri termini, non può scegliersi autonomamente la ditta dei rifiuti o dell’acqua cui rivolgersi. Tutto questo per dire che il cittadino è decisamente un’altra cosa. Può, ovviamente, coincidere con l’utente, ma conserva sempre un qualcosa in più: il voto ed il controllo.
È tutto scritto e garantito dalla nostra Costituzione. La sovranità che appartiene al popolo, la necessaria legittimazione elettorale di chi la esercita, l’attivazione dei canali della rappresentanza e della responsabilità politica. E via discorrendo. Perché a parole siamo sempre stati bravi.
Eppure, a ben vedere e senza che se ne parli adeguatamente, si sta affermando un altro modello di esercizio delle funzioni amministrative. Grazie anche alle enormi opportunità della Crisi del secolo e con il sempre valido pretesto di fantomatici risparmi e di invisibili economie di scala, il nuovo modello imposto dall’alto, quello degli “Ambiti”, sembra essere appositamente studiato per la creazione di organismi di secondo livello idonei a produrre grandi appalti ed, al tempo stesso, a causare un “indebolimento della rappresentanza delle comunità amministrate ed un difetto di responsabilità politica dei relativi amministratori”.
All’aumentare delle cifre degli appalti, quindi, diminuiscono i controlli democratici e la trasparenza dei processi decisionali. In teoria, dovrebbe essere il contrario.
Invece, come efficacemente argomentato nella deliberazione n. 11 del 30.04.2015 del Consiglio comunale di Campodipietra in provincia di Campobasso (su cui tornerò), “l’imputazione del governo di funzioni amministrative fondamentali (come l’acqua, i rifiuti, i servizi sociali) ad organismi (come gli ATO) che non partecipano direttamente ad un rapporto elettorale con la comunità amministrata esclude o rende molto più difficile il controllo dei cittadini e, di conseguenza, aggira il meccanismo della responsabilità politica e svilisce il principio democratico sancito dalla Costituzione.
Una ulteriore accelerazione in questo senso, a dimostrazione che il disegno generale è ben congegnato e tutt’altro che casuale, è stata compiuta dal Governo Renzi con la Legge di Stabilità 2015. Qui, nel ginepraio di norme e commi, e nel silenzio generale di un’opinione pubblica distratta da altre cose e tanti scandali, è stato introdotto un espediente che bypassa i Consigli comunali (quindi anche e soprattutto le ignare minoranze) da tutte le decisioni adottate negli Organi di Governo cui gli Enti partecipano obbligatoriamente.
Sentite qua lo scopo dichiarato dal comma 609: “Al fine di promuovere processi di aggregazione e di rafforzare la gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica sono apportate modifiche …. (…)”.
E poi uno dei mezzi escogitati: “Le loro deliberazioni (quelle degli Enti di Governo di secondo livello) sono validamente assunte nei competenti organi degli stessi senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o successive, da parte degli organi degli enti locali”.
Addio Consigli comunali e rappresentanti del popolo.
Per intenderci e per restare a casi a noi vicini, l’approvazione del progetto di gestione unitaria dei rifiuti da parte di un ARO (pari a qualcosa come 66 milioni di euro), effettuata dall’Assemblea dei Sindaci con il sistema del voto ponderato in proporzione al numero degli abitanti, è già direttamente vincolante per i Comuni di appartenenza senza bisogno di ulteriori approvazioni o prese d’atto da parte dei Consigli comunali.
In un colpo solo, quindi, grazie alla norma voluta da Renzi ed al meccanismo del voto ponderato vengono fatti fuori da ogni processo decisionale tutti i Consigli comunali (grandi e piccoli) e tutti i Sindaci dei Piccoli Comuni. Figuriamoci i cittadini!
Gli esempi, peraltro, potrebbero continuare con sfumature leggermente diverse ma risultati pratici pressoché identici. Chi e quante persone decidono la tariffa unica applicata dall’Acquedotto Pugliese? Chi approva i bandi (anch’essi milionari) del Piano Sociale di Zona? Da chi viene decisa l’ubicazione di una discarica in un ATO Provinciale? Nel migliore dei casi pochi Sindaci dei Comuni più grossi.
I più bravi e politicamente corretti obietteranno tante cose. Che i Sindaci dovranno pur dar conto a qualcuno prima o dopo la mattinata passata all’Ambito. Che tutte le deliberazioni sono online. E, magari, che ci si può sempre rivolgere alla magistratura. Certo, come no.
La verità, invece, è che ogni volta che ai Comuni vengono sottratte competenze, funzioni e risorse a beneficio di questi organi di secondo livello chi ci rimette è il cittadino che sarà sempre più distante dai centri decisionali, sempre più esautorato dal suo potere di controllo politico e sempre meno in grado di mantenere una relazione costante con i suoi amministratori e quindi di decidere, scegliere e votare di conseguenza. Rischierà di essere sempre meno cittadino e sempre più utente. Roba da numero verde, insomma. Non il massimo per esercitare la sovranità.