In un Paese normale una notizia del genere dovrebbe occupare il dibattito politico per giorni. Altro che PD e DP, Napoli, Salvini, nani, ballerini e menate varie. Dovrebbe scuotere l’opinione pubblica e far incazzare i cittadini più di un rigore per la Juve.
Ed invece, l’allarme lanciato dalla sezione Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n. 4/2017 è rimasto sostanzialmente inascoltato.
Secondo l’analisi dei Giudici contabili, infatti, a causa dei tagli, dei vincoli sulla contabilità armonizzata e di altre diavolerie del genere, le Province sono alla canna del gas e i Comuni in uno stato di sofferenza senza precedenti.
A non essere in regola sarebbero ben 64 Province (su 93) ed oltre 1800 Comuni, tra inadempienti (316) ed Enti non in linea con gli obiettivi di pertinenza (1553).
Tutto questo, osserva la Corte, sarebbe segno di un “diffuso stato di malessere che pone seri dubbi sulla sostenibilità dei tagli ai trasferimenti e dei sempre più onerosi contributi alla manovra imposti dal Legislatore”.
La cosa che evidentemente non si comprende appieno è che questa situazione determina conseguenze gravissime su tutto quello che ci circonda: dalle strade ai servizi sociali, dalle manutenzioni agli investimenti, dalla sicurezza alla qualità della vita, dal livello di tassazione locale alle politiche di sviluppo, tutto – o quasi – passa per gli Enti locali.
Affamare i Comuni significa affamare i cittadini. Mica altro.
Il guaio, mi viene da aggiungere, è che sembra tutto voluto e predeterminato in una logica di mors tua vita mea. Tagliare in periferia diventa la ricetta per garantirsi ancora grasse mangiate al centro e per giustificare provvedimenti ancora più netti causati, guarda te!, proprio dalle cattive gestioni locali. Il tutto in una specie di ribaltamento della realtà per cui ciò che è conseguenza diventa causa. A vantaggio dei più forti.
PS: per saperne di più: Francesco Cerisano su Italia Oggi del 28.02.2017.