Premesso che sul Patto per la Puglia ha cento volte ragione l’ex direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Lino Patruno, perché “più che un Patto che sarebbe rimasto alla storia, il Patto per il Sud è una raccolta di fondi già spettanti e col furtarello anche. Più che un Progetto, è una somma di saldi di fine stagione”* – e che, quindi, non c’era da aspettarsi molto se non la passerella di Renzi – capisco, comprendo e condivido la delusione dell’amico Sindaco di Candela Nicola Gatta.
I numeri sono numeri e dicono chiaramente che su 2 miliardi e 71 milioni di euro, soltanto 30 milioni sono destinati ai Monti Dauni. Una goccia nel mare da utilizzare per un obiettivo ambizioso che resterà ancora per molto tempo un sogno: migliorare una viabilità da terzo mondo che penalizza almeno 30 comuni.
“Una miseria – ha giustamente scritto il Sindaco Gatta – per un territorio che aspetta da anni un piano infrastrutturale che consenta una crescita occupazionale, economica e sociale e che permette inoltre alla Regione Puglia di restare nell’Obiettivo I, introitando risorse comunitarie aggiuntive per lo sviluppo”.
Niente di nuovo, però. È una storia vecchia a cui, va detto, finora abbiamo dimostrato di essere incapaci di reagire dal punto di vista politico e culturale.
Non solo i Monti Dauni permettono alla Regione Puglia di ottenere i cospicui fondi comunitari destinati alle aree di Obiettivo I, ma continuano a dare, anche in termini strettamente economici, più di quello che ricevono.
Basti pensare a quanto ha incassato negli anni la Regione per l’estrazione di idrocarburi in 7 Comuni dei Monti Dauni senza reinvestirli nei territori interessati (l’inversione di tendenza è recentissima con i Comuni ancora in attesa tra tanti cavilli burocratici dei primi veri soldi). Oppure al patrimonio boschivo, idrico ed energetico che i Monti Dauni portano in dote a Bari senza ricevere nulla in cambio.
È emblematico il caso dei vivai forestali spesso concessi gratuitamente dai Comuni alla Regione senza ottenere alcun beneficio diretto o indiretto (è una questione su cui ho deciso di intervenire).
Oppure, in maniera ancor più eclatante, la storia dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Un vanto prima per Vendola e poi per Emiliano che non a caso nel suo discorso di apertura della Fiera del Levante di qualche giorno fa ha ricordato: “che la Puglia produce molta più energia di quella che consuma, pertanto paghiamo un alto prezzo ambientale e di salute, nonostante il primato per la produzione da fonti alternative non fossili”, senza però poi aggiungere che gran parte di questa energia viene prodotta nel territorio dei Monti Dauni. E senza aggiungere che questi Comuni, complice una normativa lacunosa e penalizzante, nel silenzio colpevole di governo nazionale e regionale (pure sollecitato sul tema da diversi sindaci), sono stati scippati dell’IMU sulle pale eoliche e rischiano di non prendere più neanche le royalties che a suo tempo erano state pattuite con le società eoliche.
Tutto a gratis, insomma.
In compenso, sui Monti Dauni si è continuato a tagliare a tutta forza. L’ospedale (a dir poco ridimensionato) ed il tribunale di Lucera sono ancora ferite aperte. Le più grandi, forse. Ma come dimenticare la chiusura delle Comunità Montane con i soldi risparmiati qui e portati a Bari? Non sarebbe stato più giusto reinvestirli nei territori privati di un importante livello istituzionale che, peraltro, adesso vorrebbero sostituire di fatto con le Unioni?
Insomma, la storia è lunga e rischia di continuare con l’esperienza della c.d. strategia delle Aree Interne. Avrebbe dovuto essere uno shock economico per i Monti Dauni ed invece transiteranno nel programma straordinario risorse ed interventi, come quelli per il dissesto idrogeologico, che dovrebbero essere dovuti e che non rappresentano certo niente di straordinario, se non la doverosa messa in sicurezza del territorio. Ancora una volta l’ordinario che viene fatto passare per straordinario con il rischio concreto che non ci sarà nessuna svolta, ma al massimo qualche cantiere.
Ed allora va bene protestare e lamentarsi. Ma occorre anche fare autocritica. I Monti Dauni non hanno più molte possibilità. Devono scegliere di vivere e non di tirare a campare. Non è più sufficiente strappare qualche finanziamento (peraltro sempre meno rispetto alle precedenti programmazioni), esultare per qualche intervento di riduzione del dissesto idrogeologico che viene “generosamente” concesso per eliminare frane decennali, né compiacersi di qualche piccolo risultato individuale di tanto in tanto raggiunto. Non si vive di sola festa patronale e programmi estivi (lo dice uno che ci crede, eccome, nella promozione territoriale). E i like sui social non risolvono i nostri problemi.
Continuando in questo modo, passerà l’ennesima programmazione europea (siamo all’alba della 2014/2020, pur essendo a metà 2016), si alterneranno sindaci e assessori regionali, cambieranno i nomi degli organismi creati sul nulla per risolvere il nulla (adesso siamo Area Interna, l’altro anno eravamo Area Vasta…) e, probabilmente, nella migliore delle ipotesi, avremo fatto quel tanto che basta per tirare avanti. Niente di più.
Nel frattempo, secondo uno studio di Legambiente i paesini a rischio spopolamento sono oltre 2000, e la cosa sembra non interessare a nessuno (anzi, magari fa pure piacere).
Ecco perché questa volta non ci possiamo accontentare. Non ci possiamo limitare a dividerci i quattro spiccioli che ci metteranno a disposizione. Né evitare di prendere posizione per compiacere i potenti di turno. La nostra Terra non ha bisogno del compitino da fare o di bravi scolaretti che stanno al posto loro. Ci vuole qualcosa di più.
Io ci credo ancora. Possiamo fare tanto, anche con poche risorse. Innanzitutto, possiamo cominciare a fare Politica nel senso più alto del termine. Possiamo e dobbiamo elaborare e proporre soluzioni specifiche per i piccoli comuni nell’ambito dei servizi pubblici locali, per cominciare. Possiamo e dobbiamo parlare di scuola di montagna, di sanità rurale, di servizi sociali, acqua, rifiuti, gas, energie rinnovabili, foreste, ecc… . Se le cose adesso non vanno bene o si presume che andranno peggio, bisogna avere forza e coraggio per non accettare tutto passivamente, ed anzi per proporre alternative a quelle imposte da Bari e Roma. Bisogna lanciare sfide sul terreno della proposta, non su quello della protesta che da sola, diciamocelo, non fa paura a nessuno. I Piccoli Comuni dei Monti Dauni possono assumere un ruolo importante in Capitanata ed in Puglia. Anziché vittime sacrificali, possono essere i laboratori dove sperimentare soluzioni innovative, dove esercitarsi su buone pratiche e modelli di sviluppo virtuosi che non si basano solo e soltanto sulla logica dei numeri. Parliamo di persone e di terre, non di società per azioni.
Penso a previsioni e deroghe normative che consentano ai Monti Dauni di sperimentare la gestione diretta dell’acqua e dei rifiuti (sono miei pallini, ok, ma non mi rassegno all’idea che le nostre tariffe debbano essere decise altrove, da chi non sa neanche come sono fatti i nostri paesi). A interventi legislativi che stabiliscano che i presidi sanitari e quelli scolatici devono essere presenti in ogni Comune a prescindere se lo Stato o la Regione ci guadagna o ci perde… altrimenti che senso ha parlare di Istituzioni? Penso, alla possibilità di rivedere le norme sulla gestione forestale (che ne sanno a Bari dei nostri boschi?). Alla grande battaglia, cui accennavo prima, per garantire ai Comuni che ospitano impianti eolici il giusto ristoro economico, oggi messo in forse dal menefreghismo della politica e dalla fantasia dei giudici. Penso, ad una Regione che finalmente investa nei Monti Dauni, non necessariamente ed immediatamente in termini di risorse economiche, ma anche e soprattutto in termini di idee, di politiche, di programmi, di sperimentazioni vere. Mi vengono in mente le Cooperative di Comunità o le strutture socio-sanitarie (i nostri borghi non sono forse l’ideale per questo tipo di ospitalità?). Oppure alle politiche giovanili che non possono essere le stesse per la città metropolitana di Bari e per i Piccoli comuni delle aree interne.
Sono cose fuori dal mondo quelle che dico? Ed allora perché non ne parliamo, noi per primi? Perché non proviamo a buttar giù qualche idea e a proporla?
So che i Monti Dauni hanno tutte le possibilità per fare questo salto di qualità. Hanno una classe dirigente giusta ed appassionata. E tanta gente per bene. Ecco perché mi arrabbio.
Perché rischiamo di perdere talenti e tempo. E ne abbiamo sempre di meno.
*http://www.linopatruno.com/articolo.php?id=898