La notizia di oggi è che la spending review del 2012 è incostituzionale. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 129, ha difatti bocciato il decreto del Governo Monti nella parte in cui “non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell’anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l’indicazione di un termine per l’adozione del decreto di natura non regolamentare del ministero dell’Interno”.
In soldoni, la misura oggi bocciata costò per il 2013 ai Comuni circa 2,25 miliardi di euro in termini di tagli e di riduzione al fondo sperimentale di riequilibrio e al fondo perequativo. Un bagno di sangue. L’ennesimo della serie.
Oggi, quando il danno ormai è stato fatto, la sorpresa. La Consulta ha evidenziato la violazione dell’art. 119 della Costituzione ovvero il principio di autonomia finanziaria di entrate e di spese di comuni, province, città metropolitane e regioni.
Significativo, quindi, come i Giudici Costituzionali affrontino un tema – quello dell’effettiva autonomia degli enti locali – sempre più spesso evocato dai Piccoli Comuni italiani e che, pur essendo riconosciuta dalla nostra Costituzione, è ormai sistematicamente calpestata dai Governi centrali.
La Corte, inoltre, ha chiarito che le politiche statali di riduzione della spesa pubblica possono incidere anche sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali, ma che tale incidenza deve essere mitigata attraverso l’effettivo coinvolgimento degli enti nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni quantitative.
In ogni caso, secondo la Corte, il sacrificio “non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione” e il relativo decreto ministeriale che determina il riparto delle risorse e le relative decurtazioni non può essere privo di termine poiché “un intervento di riduzione dei trasferimenti che avvenisse a uno stadio avanzato dell’esercizio finanziario – cosa poi effettivamente accaduta – comprometterebbe un aspetto essenziale dell’autonomia finanziaria degli enti locali, vale a dire la possibilità di elaborare correttamente il bilancio di previsione, attività che richiede la previa e tempestiva conoscenza delle entrate effettivamente a disposizione”.
Quante volte lo abbiamo sostenuto e denunciato? Quante volte abbiamo richiamato l’ANCI (fino ad essere costretti ad uscirne), i Prefetti, i partiti ed il Governo ad interrompere questo saccheggio legalizzato ai danni dei nostri poveri Comuni? Quante volte le nostre proteste sono rimaste inascoltate o persino derise? È antipatico da dire, ma avevamo ragione.
Ed ora che succede? Niente.
In questa Italietta, se un Sindaco di un Piccolo comune sbaglia due delibere si deve difendere a sue spese in tribunale. Ma professoroni e politicanti (la Fornero insegna) non pagano mai. E neanche chiedono scusa per le loro politiche criminali ed anticostituzionali. Figuriamoci.
Il maltolto, quindi, non sarà restituito ai Comuni italiani ed ai loro cittadini.
Ma, nonostante il mio pessimismo, la sentenza potrebbe essere utile ed importante lo stesso. Se grazie ad essa, molti più sindaci, amministratori locali e cittadini prendessero finalmente coscienza di quello che sta accadendo nel nostro Belpaese, ad incaricarci di certe battaglie e a protestare chiudendo i Comuni “per tagli” potremmo essere sempre di più. E, a quel punto, tutto potrebbe succedere.
Persino che la Costituzione venisse rispettata …