Dalle mie parti si dice che poco è meglio di niente. Specie di questi tempi. Il DDL Realacci – Terzoni sui Piccoli Comuni perciò deve essere salutato con soddisfazione e speranza. Anche perché appare decisamente in controtendenza rispetto a quanto circolato recentemente dal Parlamento in giù. La proposta di legge, infatti, punta a mettere soldi, promuove alcuni aspetti fondamentali dei nostri Comuni (la riqualificazione del centro storico, la filiera dei prodotti agricoli, l’implementazione della banda larga) e interviene su alcuni dei loro tanti punti deboli (il patrimonio immobiliare abbandonato, i servizi postali, il trasporto pubblico e l’edilizia scolastica). Soprattutto, mette nero su bianco qualche concetto nient’affatto scontato come la lotta allo spopolamento e l’incentivo all’afflusso turistico (ma, sul punto, la proposta di Mura mi sembrava più efficace).
Tutte cose buone, ma si poteva fare molto di più. E comunque non può finire qui. Nel percorso di unificazione dei due testi, infatti, e nella conseguente necessaria ricerca del compromesso (si spera) propedeutico anche alla velocizzazione dell’iter parlamentare, la legge sembra aver perso per strada alcuni dei suoi pezzi più importanti. E’ scomparsa, ad esempio, la disciplina speciale in tema di risorse idriche ed energetiche nei Piccoli Comuni (con deroghe importanti anche rispetto all’obbligo di cedere le reti ai gestori unici); è stata cassata la norma che introduceva servizi sanitari ad hoc per i paesini rurali e montani; è saltata la possibilità di mantenere le scuole anche con meno alunni di quelli ordinariamente previsti. Soprattutto, non si è approfittato dell’occasione per sgombrare il campo da ipotesi di unioni o, peggio, di fusioni obbligate.
Ed allora, a mio modesto avviso, nonostante i diversi aspetti positivi delle proposte di Realacci e Terzoni persistono almeno tre rischi.
Il primo, che legge risenta troppo di quella visione “da cartolina” dei Piccoli Comuni tutto alberghi diffusi, scampagnate ed agriturismi, senza affrontare, invece, il tema centrale (per chi ci vive e per evitare davvero lo spopolamento) dei servizi pubblici locali, della sanità, delle strade, delle scuole e della sicurezza.
Il secondo, che senza un immediato blocco di tutte le leggi nazionali e regionali che stanno smontando e svuotando i Piccoli Comuni (penso alle UTI della Serracchiani in Friuli oppure alle fusioni forzate “alla toscana”), la legge possa risultare tardiva o addirittura inutile, perché davvero – molti Piccoli Comuni – rischiano di scomparire o di essere cancellati.
Il terzo, che l’iniziativa possa risultare minoritaria all’interno dei partiti di riferimento o comunque che possa muoversi in un contesto politico non del tutto favorevole. Se il DDL Realacci – Terzoni segna davvero un cambio di passo nei confronti delle politiche finora adottate nei confronti dei Piccoli Comuni, difatti, i rispettivi partiti (PD e Movimento 5 Stelle) sono chiamati non solo a sostenere la legge, ma a prendere una posizione salda e coerente. Il PD stoppi i suoi Lodolini di turno appostati in Parlamento e nelle Regioni. Il Movimento 5 Stelle cancelli dal suo programma elettorale (ancora consultabile sul blog di Grillo) il punto numero 2 di pagina 3 che ancora oggi propone l’accorpamento dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
In questa fase confusa e per certi versi drammatica, le “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti” possono essere considerate solo come un punto di partenza, non di arrivo.
È necessario avere politici, partiti e movimenti che credano davvero nei territori rurali e montani, che siano intimamente convinti della necessità di evitare lo spopolamento delle aree interne, che siano disposti a lottare per quella che un tempo chiamavano la Piccola Grande Italia.
Ai Piccoli Comuni, prima e ancor più delle misure, deve essere restituita la loro antica dignità istituzionale e deve essere riconosciuto il loro ruolo. Bisogna dire chiaro e tondo che sono una risorsa, non un problema.
Questo solo sarà il vero cambio di passo.