Al Presidente Emiliano non mancano certo coraggio, fiuto politico e capacità di sorprendere. Solo che la sorpresa non sempre è positiva. Così, negli stessi giorni in cui opportunamente deposita il ricorso alla Corte Costituzionale contro la “Buona Scuola” di Renzi ed annuncia la sacrosanta richiesta di referendum contro le trivellazioni nell’Adriatico, non resiste alla tentazione di spararla grossa lanciando, in occasione della visita del premier albanese Edi Rama alla Fiera del Levante, l’idea di una multinazionale dell’acqua attraverso la partecipazione dell’Albania nell’azionariato di Acquedotto Pugliese.
Multinazionale, l’ha chiamata. Proprio così.
Eppure, al di là di certe idee più o meno fantasiose, proprio l’arrivo in Consiglio regionale dell’Ordine del Giorno “NO TRIV” potrebbe aprire anche un’attenta riflessione sulla gestione dell’acqua pubblica. La disciplina di entrambe le materie, infatti, è stata fortemente condizionata dallo “Sblocca Italia” voluto dal Governo Renzi.
Se ne sono già accorti in Molise, dove Beppe Notartommaso, Sindaco “ribelle” di Campodipietra, ha lanciato un appello al suo Governatore e a tutti i consiglieri regionali: estendere l’impugnativa allo Sblocca Italia anche alla parte dedicata al servizio idrico.
Ed allora sarebbe cosa buona e giusta che anche il Consiglio regionale pugliese (convocato per il 22 settembre) valutasse seriamente l’idea. Per avviare la discussione, del resto, basterebbe un emendamento.
La legge voluta dal Governo Renzi per “sbloccare” l’Italia, infatti, modificando il D. Lgs. n. 152/2006, ha sostanzialmente accelerato il processo di organizzazione dei servizi idrici sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali definiti dalle Regioni e costretto i Comuni ad aderirvi obbligatoriamente (anche il Comune di Biccari, che gestisce in proprio la rete idrica a costi bassissimi per i cittadini, è stato costretto ad avviare le procedure di passaggio all’Acquedotto Pugliese con relativa prossima applicazione della tariffa unica).
Questa volta, però, i nostri governanti non possono neanche nascondersi dietro il tradizionale “è l’Europa che ce lo chiede”. Il modello del Gestore Unico e della Tariffa Unica, infatti, oltre ad essere palesemente inefficiente e costoso è tutt’altro che avallato dalle istituzioni europee.
Nella più totale e complice indifferenza della politica italiana, difatti, la Corte di Giustizia Europea con la Sentenza n. C-525/12 dell’11.09.2014 ha confermato quanto previsto dalla Direttiva 2000/60/CE e cioè che non è affatto obbligatorio il recupero totale dei costi in tariffa (che dunque potrebbe essere molto più bassa). Ancor di più ha fatto il Parlamento Europeo che, con la recentissima risoluzione dello scorso 8 settembre (emanata a seguito dell’iniziativa dei cittadini europei “L’acqua è un diritto” – Right2Water, 2014/2239/INI che ha visto la raccolta di oltre 1 milione e 800 mila firme), ha sancito che “la scelta di riassegnare i servizi idrici ai Comuni dovrebbe continuare ad essere garantita in futuro senza alcuna limitazione e può essere mantenuta nell’ambito della gestione locale” (p. 46), accogliendo con favore “gli sforzi efficaci di alcuni Comuni volti a rafforzare la partecipazione pubblica” (p. 56) ed invitando Commissione, BEI e Stati membri a “sostenere i Comuni dell’UE che non dispongono del capitale necessario per accedere all’assistenza tecnica, ai finanziamenti dell’UE disponibili e a prestiti a lungo termine a tassi di interesse agevolati, in particolare allo scopo di provvedere alla manutenzione ed al rinnovamento delle infrastrutture idriche” (p. 28).
Tutto il contrario, insomma, di quello che sta accadendo nel nostro Paese con l’art. 7 dello “Sblocca Italia” che, tra gestore e tariffe unici e recupero dei costi, finisce per abbassare ancor di più il livello di democrazia, trasparenza e partecipazione popolare nella gestione dell’acqua e, come per magia, per aumentarne le tariffe a scapito di cittadini e famiglie.
Ecco perché l’arrivo in Consiglio regionale del referendum contro lo Sblocca Italia potrebbe davvero essere una grandissima occasione anche per Emiliano (e per tutta la politica pugliese) per chiarire certe fantasie, iniziare a discutere di Acquedotto Pugliese (la cui concessione scade nel 2018) e, soprattutto, dimostrare con i fatti che sull’Acqua non sono ammessi affari.