Si moltiplicano le lettere di Sindaci a Matteo Renzi. Un modo pacifico, istituzionale e formale per lasciare agli atti il disappunto di chi, tra mille difficoltà, è chiamato ad amministrare una comunità locale. Solo che nessuno ne parla. O almeno, non i grandi giornali e le televisioni importanti. Ed allora continuo a farlo io da questo piccolo blog.
Il giro dell’Italia ingiustamente considerata “minore” questa volta mi porta a Fiesso Umbertiano, 4200 abitanti in provincia di Rovigo. Qui, il Primo Cittadino è Luigia Modonesi, al secondo mandato, a capo di una lista civica e con esperienze pregresse nel centrosinistra.
All’inizio di Agosto, quando il Premier Renzi ha accusato gli amministratori locali di troppi piagnistei invitandoli a rimboccarsi le maniche, non ci ha visto più. Ed ha scritto: “Mi sento di dover respingere con fermezza le sue accuse volte “all’inclinazione ai piagnistei” degli amministratori del governo comunale ed anche al suo successivo incitamento a “rimboccarci le maniche”!”.
Per poi continuare ben interpretando il sentimento di tanti amministratori locali: “Io personalmente non ho mai “pianto” in relazione al mio ruolo di Sindaco, eventualmente mi sono spesso arrabbiata e mi sento, anche nello stato attuale, frustrata nel mandar avanti un Comune senza l’appoggio di uno Stato Centrale che dovrebbe tutelarmi e mettermi a disposizione i giusti strumenti per dare risposta ai bisogni essenziali di una Comunità che soffre, come del resto penano tutti i Comuni italiani”.
Rabbia e frustrazione che aumentano di fronte alla burocrazia miope ed ottusa ben rappresentata da quella diabolica invenzione del Patto di Stabilità che, per dirla ancora con le parole del Primo Cittadino di Fiesso, “non mi permette nemmeno di investire i fondi di cui il Comune dispone, senza indebitarlo con ulteriori mutui bancari, neppure per quegli interventi necessari ed indispensabili alla vita quotidiana”.
E mentre Renzi fra un tweet ed una slide se la prende con i gufi ed i piagnoni, il Governo cosa fa? Taglia. Al Comune di Fiesso Umbertiano circa 138 mila euro in un anno. Costringendo il Sindaco ad aumentare la TASI da 1,4 al 2% e ad indossare “quel vestito che considero assolutamente indegno ed indecoroso che risulta essere quello di “esattore dello Stato”!”.
Ecco allora che la rabbia diventa sorpresa: “come mai proprio lei Presidente che come primo cittadino di Firenze aveva sempre difeso i Sindaci, ora ne diviene il loro primo accusatore? (…) Il Sindaco, come lei ben sa, è la figura politica più esposta a critiche e polemiche perché costituisce il fronte più vicino e raggiungibile dai cittadini ed è per questo motivo che non riesco neppure ad accettare la sua esortazione all’ottimismo in una situazione che mi vede sempre in prima linea a dover dare risposte, a volte non completamente esaustive, rispetto alle esigenze delle persone, a combattere per far quadrare bilanci sempre più esigui, ad accettare il “patto di stabilità” quale tagliola dell’attività di programmazione territoriale”.
Fino alla conclusione lucida ed amara insieme: “non mi si venga a dire però che per salvare l’Italia non devo piangere e che devo lavorare di più, perché allora tutto ciò ha un solo significato: non esiste più uno Stato centrale alla guida del nostro Paese ma solo uno sterile sistema governativo atto a tutelare sé stesso!”.
Insomma, quello che denuncia Modonesi è qualcosa di molto più grave di un pur pesante taglio. È la fine di ogni lealtà istituzionale. Con lo Stato che utilizza i più Piccoli per fare cassa ed un Presidente sorridente che lascia ai Sindaci il lavoro sporco.