Non capita tutti i giorni di ricevere in visita un maestro del giornalismo e del pensiero come Pietrangelo Buttafuoco. E’ stata una grande emozione potergli far conoscere Biccari, un pò dei nostri progetti e delle nostre visioni. Ed è stato un vero privilegio poter godere per qualche ora della sua compagnia, della sua attenzione, della sua curiosità. Alla fine restano tante cose, ma anche una bella intervista rilasciata a Maurizio Tardio per l’Edicola del Sud in cui Buttafuoco parla di temi a noi molto cari: la necessità di prendere consapevolezza del proprio territorio, l’accoglienza che non può prescindere dall’identità, la sfida di dare rappresentanza alle aree interne e di non lasciare sulle spalle di pochi validi amministratori la sfida contro lo spopolamento dei paesi. Tanta roba!
Arriva in Capitanata non solo per presentare il suo libro, ma per incontrare «gli amministratori capaci di questa splendida terra»
. Pierangelo Buttafuoco, che ha manifestato la sua vicinanza alla religione islamica – significativo il suo libro, edito da Bompiani, “L’islam, il sacro, l’Occidente” – pare trovarsi a suo agio nella saracena Lucera, dov’è ospite del locale Circolo Unione, intrattenendo il pubblico sui temi della identità del Mezzogiorno e della sua cultura arabeggiante.
Torna la questione delle autonomie regionali, con Michele Emiliano in prima fila contro il disegno prospettato dal ministro Calderoli. L’autonomia può essere un bene per le regioni del Sud?
«Non ho elementi per giudicare sia la posizione di Emiliano sia quella del Governo. Dico solo che l’autonomia funziona bene a Trento, molto meno a Palermo. Penso che per funzionare al meglio ci sia bisogno di una comunità coesa e non riesco a vederla in tutti i contesti peninsulari che ho avuto modo di conoscere».
E quindi il Sud che dovrebbe fare?
«Non inseguire il Nord tanto per cominciare, ma avere prospettive dettate dalla realtà contestuale senza farsi prendere dall’ansia della prestazione. Per cambiare la prospettiva bisognerebbe iniziare col prendere consapevolezza del proprio territorio e puntare sulle sue peculiarità, favorendo investimenti sulla qualità della vita».
Insomma il solito quadretto pizza, spaghetti e mandolino?
«Non semplifico in questo modo. Dico altro! Ho visitato Biccari (piccolo borgo sui Monti Dauni, ndr), dove c’è un valido sindaco che ha puntato sulla qualità della vita dei suoi abitanti. Il 60 per cento della popolazione italiana vive in provincia; allora possiamo pensare a politiche di valorizzazione delle periferie senza farci prendere dalla prestazione d’inseguire la contemporaneità delle cose? Possiamo cambiare il concetto del senso di abitare un agglomerato urbano? Ma soprattutto possiamo dare voce a queste realtà, visto che la stragrande maggioranza non ha rappresentanza politica perché non ha i numeri per incidere sulle scelte della politica? Penso che questa dovrebbe essere la sfida di ogni governo…»
…anche quello della Meloni?
«Certo! Qualcuno deve prendere coscienza della qualità della vita nelle piccole realtà per fronteggiare temi come lo spopolamento e l'offerta di servizi. Non si può lasciare sulle spalle di pochi validi amministratori il compito di far sopravvivere i piccoli comuni, dove esistono esempi che andrebbero studiati e incentivati, come succede a Biccari, piccolo borgo capace di sperimentare vere politiche di accoglienza».
Beh, sul tema dell’accoglienza mi pare che qualcuno dalla sua parte non abbia orecchie per intendere?
«Sbaglia chi si muove su questi binari. L’accoglienza e l’integrazione sono opportunità, ma vengono concesse solo da chi ha consapevolezza della propria identità. Chi accoglie è sicuro dei suoi valori e della propria identità comunitaria».
È il territorio che fa la comunità o viceversa?
«La comunità è l’espressione di un territorio che trova tutela proprio nella forza identitaria della sua comunità, ma bisognerebbe procedere a un cambio culturale, liberandosi da certi isterismi dell’ambientalismo e delle sue ideologie da “fermi tutti” che vuol dire “morti tutti”. Bisognerebbe riscoprire una vera cultura ecologica, che rimanda a modelli di vita rispettosi del territorio, liberi da ambiguità ideologiche e indirizzati al vero benessere dell’individuo. Ecco forse l’autonomia non dovrebbe creare competizione tra territori, ma garantire uniformità nella diversità per eliminare i contesti degradati e degradanti».
Grazie Pietrangelo!