In questa specie di diario mi piace ospitare pensieri altrui che voglio conservare. Come questo post di Francesco Quitadamo, uno che ha il dono di saper scrivere bene quello che osserva meglio (con un grazie per la citazione).
I sindaci urlatori e quelli del “NOI”/ in tema di comunicazione
Urlare non è servito. O meglio, non è servito a ottenere comportamenti più virtuosi da parte dei cittadini. Questo a giudicare dal numero dei contagi e dal crescente senso di allarme che attanaglia alcuni grandi centri. Alcuni sindaci della provincia di Foggia, già dalla prima ondata, hanno scelto di comunicare con i propri concittadini attraverso “messaggi forti”, spesso letteralmente urlati attraverso video pubblicati su facebook. A quei messaggi, che utilizzavano il registro del “voi” e dell’indice puntato (“dovete stare a casa”, “voi dovete rispettare le regole”) hanno accompagnato ordinanze che inasprivano le restrizioni. Può essere, ma non è detto, che quel tipo di comunicazione sia valso loro un accresciuto consenso. Sul piano del contenimento dei contagi, tuttavia, quel tipo di atteggiamento non pare aver sortito alcun effetto positivo. I “sindaci urlatori” però si sono fatti notare, e molto, conquistando la scena pubblica, l’attenzione e i titoli dei giornali. Tra i primi cittadini della Daunia, poi, c’è anche chi ha scelto una modalità diversa per comunicare con le proprie comunità: toni pacati, prevalenza dei messaggi scritti su quelli video, utilizzo del registro del noi e della condivisione di comportamenti su un piano ‘orizzontale’, vale a dire di piena parità con i propri concittadini (“noi tutti dobbiamo restare a casa”, “tutti dobbiamo rispettare le regole”, “siamo tutti sulla stessa barca”). E’ il caso del sindaco di Biccari per fare un esempio, ma non solo. Gianfilippo Mignogna è in buona compagnia. I “sindaci del noi”, più spesso di quanto abbiano fatto gli “urlatori”, hanno voluto esprimere i propri auguri di pronta guarigione ai concittadini contagiati dal virus. Non hanno puntato l’indice accusatorio, non hanno alimentato lo stigma contro l’untore, preferendo far leva sul senso di Comunità, sul concetto di condivisione delle responsabilità e sulla solidarietà tra le persone. Questa cosa non è stata colta dai giornalisti . Le testate giornalistiche, già dalla prima ondata, hanno preferito titolare, citare e rilanciare i messaggi urlati piuttosto che quelli pacati. Ciò nonostante, almeno a giudicare dai commenti (e dalla loro qualità) agli interventi dei “sindaci del noi”, un numero rilevante di persone ha apprezzato la comunicazione paritaria e l’assunzione di una responsabilità condivisa tra istituzioni e cittadinanza. Una scelta, questa, che è stata abbracciata soprattutto dai sindaci dei comuni meno grandi, sia sul Gargano che nei Monti Dauni. Ed è proprio nei comuni amministrati dai “sindaci del noi” che le amministrazioni comunali hanno scelto di far parlare i fatti più che “fare urlare” i video. Invece di inasprire le restrizioni, questi sindaci si sono dati da fare per costruire le reti di solidarietà e di assistenza volontaria che hanno erogato servizi, fornito aiuto concreto, spesso anche in termini di umanità. Hanno investito risorse in campagne di screening di massa. Hanno dato informazioni utili, recapiti e riferimenti certi pensando soprattutto alle persone più esposte, vedove e anziani soli e con i figli lontani per esempio. Hanno teso più a rassicurare che ad alimentare panico o livore contro gli altri. Uno spunto di riflessione.