Sindaci ai tempi del Coronavirus. Impazzano sui social (non senza qualche esagerazione), si prodigano nei territori, ma restano esclusi dalle informazioni che contano.
Un paio di giorni fa apprendo di un caso positivo nel mio paese da alcune testate web della provincia. Il bollettino regionale di qualche minuto prima non va oltre un puntino rosso sgranato sulla piantina della Puglia, più o meno in corrispondenza del mio Comune. La legenda accanto ci riporta nella fascia dei territori con contagi tra 1 e 5. Fine delle trasmissioni.
Passa più o meno il tempo che intercorre tra l’uscita del rosso ad un semaforo e la suonata di clacson dell’auto dietro, e mi arrivano i primi messaggi, le prime telefonate di cittadini terrorizzati.
Tutto il paese, giustamente, a chiedere a me. E a chi sennò?
Vorrebbero conferme, informazioni, rassicurazioni, magari anche una provvidenziale smentita. Tutte cose che io non ho.
Nella disordinata (si può dire almeno disordinata?) gestione dell’emergenza c’è anche questo. La sospensione, di fatto, di una delle prerogative più importanti e pesanti dei Primi Cittadini: quella di Autorità sanitaria locale. Nel caotico rimbalzo tra DPCM governativi, sanità regionale ed ASL provinciali, ai Sindaci – e dunque alle Comunità locali – si lascia il tempo che si trova.
Figuriamoci a quelli, come me, di piccoli paesi.
Quando possono – mi rendo conto che sono in una situazione difficilissima – sopperiscono personalmente medici, dirigenti e funzionari della ASL che in mezzo alla bufera riescono a rispondere a qualche nostra telefonata. Sempre grazie, ma non è normale per niente. Né per noi, né per loro.
Fatto è che non si riesce ad avere contezza ufficiale di chi e quando è rientrato dal Nord (il Presidente Emiliano parla di migliaia di persone), di chi è isolamento fiduciario o in quarantena obbligatoria, di chi ha fatto il tampone e chi no, di chi è positivo. Non uno straccio di comunicazione.
Di conseguenza i Comuni non possono controllare. Non possono aiutare a costruire la rete dei contatti, non possono contribuire, magari con la propria conoscenza del territorio, ad isolare il Nemico.
Forse in nome di Sua Santità la Privacy. O forse semplicemente perché in tutto questo marasma c’è anche questa cosa che non funziona, insieme alle altre.
Come che sia, i Sindaci sono confinati nella posizione peggiore. Punto di riferimento per la propria popolazione, ma totalmente fuori dal circuito dell’emergenza.
Ai margini di tutti i processi decisionali ed informativi, infatti, le Amministrazioni locali sono state lasciate sole, e come al solito a mani nude, al cospetto dei rispettivi cittadini. Gli viene chiesto di interpretare l’ennesimo decretino del giorno dopo; cercano di capire se un’attività va chiusa o no (cosa non affatto semplice perché dopo il decreto c’è la circolare e dopo la circolare ci sono le faq e così via…); si ingegnano, rigorosamente senza soldi, per recuperare mascherine, allestire centri comunali di protezione civile, assistere la popolazione, comunicare le prescrizioni del governo, riconvertire i loro vecchi uffici comunali in moderne postazioni di smart working. Ma, diciamoci la verità, reggono come possono e solo per il proverbiale spirito di sacrificio che gli italiani riescono a tirar fuori nelle situazioni di difficoltà.
Nel frattempo, soltanto per dirvene un’altra, la ASL chiede ai Comuni i nominativi dei cittadini deceduti per Coronavirus ma non trasmette quelli dei pazienti contagiati e vivi! Un cortocircuito ai limiti della farsa.
Governo e Regioni, travolti dall’emergenza, hanno deciso di farne a meno. È comprensibile. In caso di pandemie la gestione deve essere inevitabilmente centralizzata in capo al potere centrale. Figuriamoci! A me mi sta sulle scatole anche questo regionalismo differenziato, le venti sanità diverse, i Presidenti regionali che si credono Sovrani (se continuiamo a chiamarli “Governatori” ci sta che poi qualcuno si monti la testa).
Ma dopo settimane di battaglia, un’attenzione agli amministratori locali, a quelli che conoscono territori e Comunità, a quelli che affrontano in prima linea la gente con tutte le difficoltà del momento (anche psicologiche ed economiche), potevano darla. Devono darla.
Tanto più che ci sono prerogative, responsabilità e funzioni di legge che sono ancora in capo ai Primi Cittadini. Non mi risulta, infatti, che il Governo abbia formalmente sgravato i Sindaci dallo scomodissimo ruolo di Autorità Sanitarie Locali. Nel contempo però, e con diversa vigoria, ha cercato in tutti i modi di limitare la facoltà riconosciuta ai Sindaci di emettere ordinanze.
Ora, io non so se c’è un motivo preciso o è solo caos organizzato. Se si sta preparando uno scaricabarile epocale o se manca la lucidità anche per quello (a questo punto ci si può aspettare di tutto).
Converrete però che togliere ai Sindaci i pochi poteri che hanno e lasciargli contemporaneamente le enormi responsabilità giuridiche e politiche tipiche del ruolo non è un’operazione degna di uno Stato di Diritto.
Che si faccia chiarezza, allora. Si ponga fine a questa confusione. E si operi conseguentemente.
In questa guerra contro il Nemico invisibile si è rotto subito qualcosa di molto importante: la leale collaborazione istituzionale, la fiducia reciproca, il rispetto per le Comunità locali, la trasparenza nei confronti dei cittadini.
È una frattura che va ricomposta al più presto.
Perché, non sono parole mie, “nessuno può vincere questa sfida da solo”.
PS: per queste ragioni, insieme a tanti altri Sindaci della Provincia di Foggia, ho scritto una nota al Prefetto e al Presidente della Regione.