Un mio intervento su Il Veltro sul futuro dei Piccoli Comuni (visto da me) dopo il voto.
Dopo il voto del 4 marzo, la nostra redazione ha intervistato il sindaco di Biccari Gianfilippo Mignogna, uno dei principali rappresentanti territoriali dei Monti Dauni in termini di battaglie in favore dei piccoli comuni. Quali potrebbero essere oggi le prospettive, o meglio, a quale destino andranno incontro le aree interne in un futuro politico ancora non delineato da un nuovo Governo? Mignogna la pensa cosi: “Nel clima di incertezza che caratterizza la situazione politica italiana all’indomani dello storico voto del 4 marzo scorso, interrogarsi sul futuro dei Piccoli Comuni alla luce dei nuovi scenari rischia di essere un semplice esercizio teorico. Non sappiamo se il Paese avrà un governo stabile, se la Legislatura durerà o se, addirittura, sarà necessario ritornare alle urne nel giro di pochi mesi. Figuriamoci se è possibile immaginare il grado di attenzione che il Parlamento saprà (e potrà) dedicare ai Piccoli Comuni. Certo, le premesse non sono delle migliori. L’uscita di scena di Ermete Realacci, (PD), il primo firmatario e principale fautore della recente legge sui Piccoli Comuni, non promette nulla di buono. Ci sarà qualche altro autorevole “rappresentante del popolo sovrano” che avrà la voglia e la forza di intestarsi una battaglia politica a favore dell’attuazione postuma della Legge Realacci è più in generale dei Piccoli Comuni? Ed ancora, il nuovo Governo darà impulso alla Strategia delle Aree Interne o anche questo esperimento sarà interrotto? C’è una forza politica dichiaratamente ed apertamente dalla parte dei Piccoli Comuni? Temo, siano domande destinate a restare senza riposta per diverso tempo. Del resto, in questa campagna elettorale tanto povera di contenuti quanto ricca di insulti, dominata dalla cronaca (nera) più che da una visione di futuro, che ha strumentalizzato tragedie vecchie e nuove, faccio fatica a trovare dichiarazioni di leader politici o di candidati locali sui temi, a noi cari, dei paesi, delle zone rurali e montane, delle aree interne. È evidente che tutto questo non rientra tra le priorità dei vari aspiranti Presidenti del Consiglio. Eppure, dovrebbe essere chiaro che le difficoltà dei Piccoli Comuni (e delle aree rurali e montane) non sono una questione locale che riguarda esclusivamente chi ci abita. Come sostenuto da Enrico Borghi nel suo Piccole Italie (Donzelli ed., 179 pag., 26 euro), è, al contrario, una grande questione che attiene all’identità del Paese, all’equilibrio nazionale, al diritto di scegliere in quale territorio vivere senza diventare automaticamente un cittadino meno importante di altri.
In altri termini, combattere lo spopolamento delle zone interne, investire sul dinamismo delle comunità locali, affiancare al modello urbano (peraltro in crisi) un’alternativa che metta al centro i cinquemila paesi, significa non solo fare gli interessi di quelle aree e dei suoi abitanti, ma dell’Italia e degli italiani tutti. Non è più possibile pensare che la politica dei territori possa essere privata di una regia nazionale e confinata nello spazio effimero dell’azione volontaria degli amministratori locali o di iniziative episodiche senza continuità e visione. Occorre fare di più, prima che sia troppo tardi. Per questo, al di là della composizione del nuovo Parlamento, siamo chiamati a fare la nostra parte. A far sentire sempre la voce positiva dei territori, a trovare gli interlocutori più attenti e disponibili e a sfidarli sui contenuti, elaborando strategie culturali, prima ancora che politiche ed amministrative, in grado di dimostrare che dare un futuro ai Piccoli Comuni è cosa buona e giusta”. Al di là delle scelte che sanciranno la formazione del nuovo Governo, dopo le ultime elezioni va riconosciuta la grande voglia di cambiamento della gente, soprattutto al sud. Questo potrebbe essere un motivo in più per riporre fiducia nei rappresentanti politici del Movimento 5 Stelle, che da queste parti hanno fatto bottino pieno di voti. Resterebbe da capire quali dei sindaci del comprensorio nord sarà in grado di aprire un tavolo di discussione con i pentastellati, mettendo da parte il colore politico. Ancora una volta, e come sempre, per il futuro di questo territorio. Ci si augura, come dice Mignogna, che il sogno di vedere un giorno i Monti Dauni risplendere e sorridere non resti un esercizio puramente teorico.