Si è giustamente detto che la legge sui Piccoli Comuni, la c.d. “salva Borghi” (Legge 6 ottobre 2017 n. 156 “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni”) doveva rappresentare il punto di partenza e non di conclusione di una nuova stagione di attenzione nei confronti dell’Italia minore, rurale e montana.
Ecco, quello che sembrava difficile da oggi rischia di diventare difficilissimo. L’esclusione di Ermete Realacci dalle liste dei candidati alla Camera dei Deputati del Partito Democratico, difatti, è tutt’altro che un buon presagio per i Piccoli Comuni italiani (oltre che per l’ambientalismo, la green economy e la buona agricoltura).
Non che mi interessino particolarmente le cose del PD e neanche so cosa abbia fatto l’ex presidente di Legambiente per meritarsi l’epurazione renziana, ma far fuori Realacci è sicuramente un segnale di scarsa attenzione per il percorso intrapreso con la Legge sui Piccoli Comuni. Senza il suo padre putativo chi seguirà la necessaria attuazione ed implementazione della legge? Chi lotterà per evitare che resti una mera enunciazione di principi? Pur cercando, non ho trovato risposte di questo tipo tra le tante dichiarazione di questi giorni.
Nè dal PD, nè dagli altri partiti è arrivato l’annuncio, la presentazione o l’indicazione di uno o più candidati esplicitamente riconducibili al mondo ed ai temi dei Piccoli Comuni. Speriamo che da qualche parte ci siano e che prima o poi si facciano vedere.
Nel frattempo, un posto in lista per l’on. Lodolini il Partito Democratico lo ha trovato di nuovo. L’autore del disegno di legge più scarno, allucinante e infame contro i Piccoli Comuni, che praticamente risolveva in un solo articolo le vicende dei Borghi stabilendo che “un Comune non può avere meno di 5 mila abitanti“, molto probabilmente tornerà (a far danni) in Parlamento.
Se le due vicende sono collegate, c’è da essere preoccupati. Per i Piccoli Comuni la strada è (di nuovo) in salita.