Mi piacerebbe che in questa (brutta) campagna elettorale si parlasse anche di Piccoli Comuni. Non solo dei sacchetti, dei bonus più o meno fantasiosi e di chi le spara più grosse. Forse chiedo troppo. Anzi, chiedo decisamente troppo. Allora me la canto e melascrivo con dieci idee per i Borghi italiani e qualche incursione specifica dedicata ai Monti Dauni. Accessibilità stradale e digitale, turismo responsabile, deroghe normative e semplificazioni, lotta allo spopolamento e istituzioni di zone franche speciali, riflessioni sul contributo energetico dei Piccoli Comuni e divieto di associazionismo obbligatorio, sono solo alcuni dei temi che ho raccolto senza avere alcuna pretesa, se non quella di discutere di quello a cui teniamo di più, sempre nella convinzione che i Piccoli Comuni sono opportunità e non problema, luoghi di futuro e non necessariamente di spopolamento e desolazione.
- Borghi protagonisti del Turismo responsabile
Il 2017 è stato l’anno dei “Borghi turistici italiani”, una tappa fondamentale del processo di rinnovamento del turismo italiano, ma anche di valorizzazione dei Piccoli Comuni. Il percorso appena avviato, tuttavia, non può e non deve interrompersi ma, al contrario, deve trovare continuità con ulteriori iniziative e risorse a partire dal 2018, “Anno del Cibo” e dal 2019 designato come “Anno Turismo Lento”. I Piccoli Comuni rappresentano l’Italia da scoprire, la parte di Paese che ancora può riservare sorprese piacevoli e che può offrire autenticità, accoglienza, attenzione. I dati dimostrano il crescente interesse turistico verso i Borghi perciò è necessario pensarli come destinazioni nuove, particolari e di pregio, sfruttando le sensazioni positive che evocano e le connessioni con l’agricoltura, l’alimentazione, l’ambiente, la tradizione, la storia.
- Istituzione del tavolo permanente sull’energia nei Monti Dauni
Grazie alla massiccia presenza di impianti eolici e di pozzi per l’estrazione di idrocarburi, i Monti Dauni sono, senza dubbi, tra i territori italiani energeticamente più importanti e produttivi. Nonostante il grande contributo dato alla causa energetica nazionale, con l’inevitabile impatto ambientale che ne consegue, i Monti Dauni restano tra i territori socialmente ed economicamente più deboli. È indicativa, a tal proposito, la bocciatura da parte del Parlamento dell’emendamento “salva convenzioni” presentato dall’ANCI per tentare di garantire entrate certe ai Comuni che ospitato impianti eolici e che hanno subìto in questi anni la decisione unilaterale delle Società di interrompere il pagamento delle royalties a suo tempo pattuite. È evidente che qualcosa non torna e che è necessario aprire una grande riflessione su questo tema anche attraverso l’istituzione di un tavolo permanente che riunisca i rappresentanti istituzionali del territorio ed il Ministero dello Sviluppo Economico. Per far rinascere un territorio occorre partire dalle proprie risorse ed evitare che venga soltanto sfruttato.
- Istituzione delle Aree Borghi Speciali
Come ripreso nel documento finale dell’Anno dei Borghi, per l’imprenditorialità nei Borghi vanno studiate opportune forme di fiscalità di vantaggio nelle aree con i maggiori disagi o ABS Aree Borghi Speciali secondo un modello ZES soprattutto per il Mezzogiorno. Simili provvedimenti, del resto, potrebbero essere parte integrante delle politiche della Strategia Nazionale per le aree interne e garantire nuovi investimenti nelle zone interne, rurali e montane ed il mantenimento di servizi essenziali come quelli in campo sanitario, scolastico e sociale.
- L’accessibilità ai Piccoli Comuni
Il salvataggio dei Borghi italiani (e dei Monti Dauni) non può prescindere dalla loro accessibilità e dalla necessità di ridurre il loro isolamento. Uno dei primi fattori su cui operare per la valorizzazione turistica e/o imprenditoriale dei piccoli centri ad alto pregio ambientale e culturale dell’Italia interna è, infatti, la possibilità di essere raggiungibili. Il tema della riqualificazione della rete stradale minore ed il potenziamento di tutte le direttrici che garantiscono la mobilità (dalla rete ferroviaria regionale, alle ciclovie, passando per il trasporto pubblico locale su gomma) gioca, pertanto, un ruolo fondamentale. Accanto all’accessibilità fisica, peraltro, è necessario garantire, così come richiamato anche nella c.d. Legge sui Piccoli Comuni n. 156/2017, una capillare diffusione della banda ultralarga per abbattere il divario digitale con il resto del Paese.
- Lotta allo spopolamento
Il nuovo Parlamento dovrebbe riprendere la discussione, in generale, sul tema della natalità e delle politiche demografiche e, in particolare, del ripopolamento dei Piccoli comuni. Nella consapevolezza dell’importanza dei Piccoli Comuni nel Sistema Italia e del loro ruolo di presidio vitale del paesaggio, dell’ambiente e della coesione sociale, un punto di partenza significativo, a tal proposito, potrebbe essere la proposta di legge presentata dall’on. Romina Mura (PD) che punta all’introduzione del reddito di insediamento per chi scegliesse di risiedere nei piccoli centri situati nelle aree svantaggiate e nelle zone interne, grazie all’istituzione di un fondo annuale di 30 milioni di euro presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, messo a disposizione dei Piccoli Comuni per finanziare le “misure di incentivazione della nuova residenzialità”.
- Deroghe specifiche dell’economia paesana
Aiutare l’economia dei Piccoli Comuni significa anche poter prevedere delle normative specifiche o in deroga in materia di acquisti, servizi ed appalti per consentire alla debole economia locale di poter restare il più possibile nel territorio comunale o di area. Dare la possibilità, in altri termini, ai piccoli commercianti o piccole ditte di paese di poter beneficiare di affidamenti diretti o agevolati non significa minare la lotta alla corruzione o mettere in discussione i principi generali di imparzialità, trasparenza e rotazione in materia di appalti pubblici, ma più semplicemente permettere a chi vive in un Piccolo Comune di poter lavorare per il suo Municipio senza subire l’insostenibile concorrenza dei grossi operatori economici.
- No all’associazionismo obbligatorio, si alla democrazia di prossimità
Le frequenti bocciature dei tentativi di fusione dei Piccoli Comuni e il sostanziale fallimento dell’associazionismo sovracomunale, nonostante i contributi e i finanziamenti messi a disposizione, deve suggerire l’abbandono di ogni ulteriore tentativo di fondere o associare i c.d. “mini enti” con provvedimenti legislativi dall’alto e senza il consenso delle comunità locali. Piuttosto, vanno incentivate e potenziate le convenzioni (più snelle, economiche e funzionali) e la creazione di Reti di Comunità, anche con l’ausilio di associazioni specializzate e club di qualità, per la definizione di strategie uniche di sviluppo attorno ai punti di forza delle Aree come il patrimonio ambientale e paesaggistico, le produzioni tipiche agroalimentari, gli attrattori culturali ed altri elementi caratterizzanti. Bisogna ripartire dal ruolo dei Sindaci e dei Municipi, dalla democrazia di prossimità, dal protagonismo delle comunità locali. Basta con architetture strampalate ed estranee alle nostre caratteristiche.
- Ripristino dell’elezione diretta e di primo grado degli organi provinciali
La debolezza politica ed istituzionale dei Piccoli Comuni è anche conseguenza del loro progressivo allontanamento dai livelli istituzionali più alti e dell’introduzione di forme di elezione di secondo grado con il voto ponderato degli organi provinciali e delle città metropolitane. Anche in conseguenza dell’esito dell’ultimo referendum costituzionale, il nuovo Parlamento dovrebbe eliminare il voto ponderato che penalizza i Piccoli Comuni negli organi di secondo grado e ripristinare l’elezione diretta e di primo grado delle Province, eliminando ogni forma di discriminazione elettorale tra i Comuni sulla base del loro numero di abitanti. Con il ritorno delle vere Province, i Piccoli Comuni ritornerebbero ad avere certamente una maggiore dignità istituzionale.
- Semplificazione normativa nei Piccoli Comuni
È fondamentale liberare i Piccoli Comuni da una lunga serie di oneri e adempimenti burocratici assolutamente inutili ed incompatibili con il personale e le risorse a disposizione. Troppo spesso, infatti, le figure apicali presenti nei Borghi oltre ad avere a disposizione poco tempo perché a scavalco o in convenzione con altri Comuni, devono lavorare più per lo Stato che per i cittadini, in un crescendo di oneri e attività che erodono tempo ed energie preziose. Il nuovo Parlamento dovrebbe lavorare all’introduzione di significative semplificazioni burocratiche in materia di bilanci, personale, anticorruzione, trasparenza, performance.
- Piccoli Comuni come laboratori di innovazione
I Piccoli Comuni sono un’opportunità per il Paese, non un problema. I centri minori sono spesso realtà dinamiche ed esempi di buone pratiche e di innovazione. Se opportunamente aiutati e liberati da incombenze inutili, possono diventare laboratori di sperimentazione e piattaforme ideali in materia di servizi pubblici locali, di rifiuti, di servizi alla persona, di turismo lento e responsabile, di mobilità dolce, salvaguardia delle produzione tipiche e tanto altro. In questo senso, è fondamentale che il nuovo Parlamento immagini i Piccoli Comuni come luoghi del futuro e non come retaggio di un passato remoto. Raccolta differenziata, partecipazione dei cittadini, Cooperative di Comunità, innovazioni sociali, accoglienza ed integrazione, gestione ambientale, recupero del patrimonio dismesso, servizi di prossimità e politiche a misura d’uomo sono solo alcuni dei settori in cui un Piccolo Comune può fare la differenza. Basta crederci.
Le mie fonti: Manifesto dei Borghi Autentici, la Carta dei Borghi, Piattaforma rivendicativa Anpci, svariate letture, amici e me stesso.